Mentre arrivano buone notizie dagli Stati Uniti per quanto riguarda la ricerca di un vaccino contro il coronavirus, in Italia si addensano le ombre su Moderna, la società americana che ha annunciato l’esito positivo dei primi test. È il largo anticipo della scoperta a destare i sospetti. Ne parla La Verità, spiegando che Moderna si è mossa in anticipo, quando l’Oms ancora si interrogava sulla trasmissione del virus Sars-CoV-2. Era il 13 gennaio, quindi due giorni dopo la diffusione da parte della Cina della sequenza genetica del coronavirus, gli scienziati hanno cominciato a mettere a punto lo schema del candidato vaccino. Dopo tre settimane, quindi il 7 febbraio, la notizia della realizzazione del primo lotto. Il 16 marzo invece l’annuncio della somministrazione della prima dose, mentre una settimana dopo i ricercatori anticipavano la possibilità di realizzare milioni di unità del vaccino già per l’autunno, da destinare in primis al personale sanitario. «Certo, il tempismo di Moderna rimane un mistero», scrive Antonio Grizzuti sulle colonne de La Verità. Ci si chiede infatti cosa abbia spinto Stéphane Bancel, amministratore delegato di Moderna, a muoversi con così largo anticipo.
VACCINO CORONAVIRUS, GIALLO MODERNA: PRONTO IN UN MESE?
Una semplice ma geniale intuizione o c’è stata un’imbeccata, si chiede il quotidiano. Per ora si possono fare solo ipotesi. Ad esempio, La Verità suggerisce di tener conto della vicinanza tra la società e le alte sfere di Washington. La sperimentazione del vaccino è partita insieme al National Institute of allergy and infectious diseases (Niaid), che fa parte del National Institute of Health (Nih), l’agenzia governativa che si occupa di ricerca e sperimentazione. Dalla Biomedical advanced research and development authority (Barda), divisione del Dipartimento della Salute del governo Usa, è arrivato invece un finanziamento di 483 milioni di dollari per lo sviluppo del vaccino. Ma è dal 2013 che riceve finanziamenti per la ricerca sulla produzione di farmaci contro un ampio numero di malattie infettive e per la lotta alle armi biologiche. Gli aspetti curiosi non mancano: tra gli azionisti c’è Astrazeneca, casa farmaceutica britannica che ha raccolto ordini per 400 milioni di dosi del vaccino che sta studiando con l’università di Oxford. Ci sono poi i 20 milioni di euro della Fondazione Bill e Melinda Gates, ma per la ricerca di un farmaco contro l’Hiv. Questa però è un’altra storia.