Non si placano gli scontri negli Stati Uniti a seguito dell’uccisione dell’afroamericano George Floyd. Il bollettino che ci giunge da oltre oceano è un vero e proprio report di guerra, senza dimenticare che da quelle parti il coronavirus sta mietendo ancora numerose vittime. Coprifuoco in 25 città di 16 diversi stati americani, ed è dovuta intervenire anche la guardia nazionale. Arrestate 1.400 persone, e da quando sono scoppiati i tumulti sono morte tre persone, di cui una ad Indianapolis, nello stato dell’Indiana. Numerosi i commissariati di polizia che sono stati dati alle fiamme, da New York a Los Angeles, passando per Ferguson e Tampa, e nel contempo, sono state distrutte centinaia di vetture e saccheggiati svariati negozi. Migliaia i manifestanti che sono scesi in piazza chiedendo giustizia per Floyd, con delle pene più severe e altri arresti. Grave episodio a Jacksonville, in Florida, dove un agente di polizia è stato “pugnalato o ferito al collo ed è attualmente in ospedale”, come spiegato alla Cnn da parte dello sceriffo Mike Williams.
GEORGE FLOYD, CENTINAIA DI MANIFESTANTI DAVANTI ALLA CASA BIANCA
Il sindaco locale ha aggiunto che la protesta era iniziata in maniera pacifica con 1.200 persone, per poi trasformarsi in rivolte e scontri, con diverse persone arrestate. “Non lo tollereremo nella nostra città né lasceremo che la nostra città bruci”, ha commentato il primo cittadino, Lenny Curry. Scontri anche a Los Angeles, dove alcuni manifestanti sono stati colpiti dagli agenti con proiettili di gomma dopo aver dato fuoco ad un’auto della polizia, ma anche a Chicago e Philadelphia, dove le autorità hanno reagito alle proteste con granate stordenti e spray al peperoncino. La situazione più preoccupante resta ovviamente quella nel Minnesota, dove il governatore Tim Walzs ha deciso di mobilitare l’intera guardia nazionale, ben 13mila membri, vista la guerriglia attualmente in corso, e tutte le strade che portano a Minneapolis sono state chiuse per evitare che la protesta diventi ancora più grande. Scontri infine anche davanti alla Casa Bianca, con centinaia di persone che si sono ritrovate di fronte alla residenza di Trump: “Non permetterò a una folla arrabbiata di dominare – il tweet del tycoon – sono determinato a proteggere la democrazia e lo stato di diritto”.