Curato con lo sciroppo, muore a causa del Coronavirus. E’ questa la drammatica storia di Luigi Starita, un uomo di Piana di Sorrento, nel Napoletano, deceduto il 30 marzo scorso dopo 22 giorni di lunga agonia. I medici infatti, non si sarebbero premurati di fare la cosa più naturale possibile in questo momento di emergenza: il tampone. Solo dopo 4 ore dalla morte, scrive Il Mattino, la Asl avrebbe comunicato alla famiglia della vittima ciò che già si sapeva. L’uomo era risultato positivo al Covid. Quanto accaduto è stato definito dai parenti della vittima una “lunga catena di omissioni e inadempienze”. La famiglia non ci sta e attraverso gli avvocati ha già provveduto a chiedere il sequestro delle cartelle cliniche, sia al Loreto Mare dove Luigi è deceduto che all’ospedale di Piano di Sorrento, dove il paziente ha atteso invano che gli venissero somministrate cure antivirali o terapie ad hoc per combattere il Coronavirus. “Mio padre godeva di ottime condizioni di salute, è morto perché non è stato curato”, tuona oggi la figlia della vittima, Viviana Starita, tra le colonne del quotidiano. Secondo quanto ricostruito, la vicenda avrebbe preso il via lo scorso 8 marzo, quando Luigi iniziò a manifestare tosse stizzosa e febbre alta. Le preoccupazioni della famiglia vengono messe a tacere dal medico di base che sottolinea l’assenza a Piano o in altri comuni della costiera.
CURATO CON SCIROPPO MA AVEVA IL COVID: L’ODISSEA DI LUIGI
E’ il 14 marzo scorso quando la situazione di Luigi Starita peggiora sempre di più ma nonostante questo il suo medico, per telefono, si limita a prescrivergli infiltrazione di Rocefin e Bentelan, senza però ritenere necessario il tampone o il ricovero in ospedale. Inutile anche la chiamata alla guardia medica del posto: due sanitari si sarebbero limitati a constatare l’esistenza di una bronchite in corso, disponendo una cura a base di sciroppo sedativo e vitamina B ma ancora una volta senza tampone tanto che la famiglia, a precisa richiesta, sarebbe stata anche rimproverata. La situazione già drammatica è destinata a precipitare: il 19 marzo le condizioni dell’uomo peggiorano e si rende necessaria la chiamata al 118 ma i soccorritori, senza uscire dal mezzo limitandosi a chiedere alla figlia di andare ad acquistare una bombola di ossigeno. “Da sola ho somministrato l’ossigeno a mio padre, tanto che fummo costretti di lì a poco a chiamare di nuovo il 118”, racconta la figlia. Questa volta muniti di protezione, i sanitari trasferiscono Luigi in ospedale a Sorrento dove finalmente viene eseguita una radiografia e un tampone. Mancano però i farmaci antivirali e viene chiesto ancora una volta alla figlia di eseguire una ricerca personale. Il 24 marzo, ormai in fin di vita, l’uomo viene trasferito al Loreto Mare mentre arriva la certezza della sua positività ma sei giorni dopo muore. Adesso da parte della famiglia è una corsa contro il tempo affinché possa essere aperta una inchiesta per fare luce su tutto ciò che non è andato in questa triste storia.