Partiamo dai fatti. La recente dichiarazione del ministero del Commercio del Pakistan sull’operatività dello snodo commerciale con l’Afghanistan attraverso il porto di Gwadar è una notizia di grande significato geopolitico, soprattutto per la Cina. Infatti, come abbiamo osservato in un articolo precedente, in primo luogo, la Cina intende attuare una proiezione di potenza sia nel Mar Cinese meridionale sia, soprattutto, nell’Oceano Indiano, cioè intende attuare una logica di espansione di natura economica e anche di natura militare (leggi infrastrutture militari) nel contesto dell’Indo-Pacifico. A tal proposito la Cina considera quella vasta area geografica che passa da Gwadar (Pakistan), Hambantota (Sri Lanka), Chittagong (Bangladesh) e arriva fino a Sittwe (Myanmar) come una propria zona di influenza.
Affinché questo obiettivo venga realizzato, la Cina – anche in funzione di contenimento dell’India – ha posto in essere il corridoio China-Pakistan Economic Corridor (Cpec), corridoio finalizzato a rendere il collegamento tra il Pakistan e la Cina (nel contesto della Nuova Via della Seta) più agevole, grazie alla costruzione di infrastrutture ferroviarie, portuali ed energetiche. Un corridoio che, guarda caso, attraversa proprio il Kashmir, oltre al Belucistan e allo Xinjiang.
In secondo luogo, il porto di Gwadar – motivo di forte contrasto tra India e Cina – svolge non solo un ruolo fondamentale all’interno del corridoio sino-pakistano, ma è a tutti gli effetti un’infrastruttura portuale fondamentale per la proiezione di potenza economica cinese, visto che questa infrastruttura portuale le potrebbe consentire di connettersi sia con il Golfo Persico che con il Mar Arabico.
In terzo luogo, questa notizia è estremamente rilevante perché dimostra ancora una volta come la strategia cinese sia di lungo respiro e sia volta, in questo caso specifico, a consolidare i rapporti con l’Afghanistan anche per ragioni di sicurezza e non solo di natura economica. Infatti consolidare i rapporti bilaterali con l’Afghanistan consentirebbe a Pechino di limitare, se non addirittura ostacolare, la presenza dell’integralismo islamico che dall’Afghanistan arriva nello Xinjiang.
Infine, la stabilità dell’Afghanistan consentirebbe alla Cina di consolidare i progetti infrastrutturali della Nuova Via della seta. Complessivamente la strategia attuata dalla Cina in Afghanistan, come in Pakistan, è profondamente diversa da quella americana, poiché è costruita su un approccio molto più sottile e nel contempo insidioso, basato, per esempio, sulla trappola del debito piuttosto che sull’intervento militare diretto.