Cinque studenti del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Pescara raccontano una attività sperimentale extracurricolare in cui hanno studiato il comportamento delle gocce di Rupert, un esempio della straordinaria varietà della struttura della materia. Si tratta di una esperienza in cui hanno messo in campo la loro creatività e le loro competenze. Dopo aver approfondito storicamente il tema hanno riprodotto le gocce di Rupert, con il rapido raffreddamento di vetro fuso in acqua e hanno verificata le loro caratteristiche peculiari. Un interessante esempio in cui si coniugano le dimensioni fondamentali del sapere fisico: storica, conoscitiva, sperimentale.L’attività, coordinata dall’insegnante di Matematica e Fisica, Giorgio Guidi, è stata presentata alla XVII edizione del Concorso ScienzAfirenze 2020 dal titolo «La materia: le sue forme, le sue strutture, la sua straordinaria varietà», riportando una menzione d’onore.
Nel nostro lavoro abbiamo voluto ricreare le cosiddette «gocce del Principe Rupert». Esse prendono il nome da un principe di Baviera vissuto nel XVII secolo. Sono anche denominate «lacrime Bataviche»; il nome deriva da Batavia, regione dei Paesi Bassi.
Queste gocce si ottengono da vetro fuso, fatto colare in un recipiente di acqua fredda dove solidifica molto velocemente.
Siamo stati attratti dalle proprietà particolarissime delle «gocce», caratterizzate da una estrema resistenza e, al tempo stesso, da una eccezionale fragilità: non importa quanto violentemente si tenti di rompere la testa della goccia, ma questa rimarrà intatta, mentre, appena si sfiorerà la coda, la goccia si frantumerà istantaneamente in mille pezzi.
Un po’ di storia
L’origine di queste lacrime di vetro è incerta. Esse diventarono oggetto dell’interesse dei dotti nel XVII secolo. Secondo alcune testimonianze, erano un prodotto delle normali operazioni di lavorazione del vetro da parte degli artigiani vetrai nella Germania della prima metà del XVII secolo. Dunque, anche se nel XX secolo non era ancora conosciuto il meccanismo alla base della loro formazione e delle loro caratteristiche, esse erano conosciute da secoli. Nel 1640 il principe Rupert di Baviera portò all’attenzione del Re la scoperta di quelle che sono note da allora come le «gocce del principe Rupert».
Le gocce venivano impiegate a corte come scherzo: il Re faceva tenere nel palmo della mano le gocce per la testa, poi rompeva la coda provocando una piccola esplosione che lasciava stupefatta la vittima dello scherzo.
Balthasar de Monconys, consigliere del Re Sole, medico e magistrato francese, riferì nelle sue relazioni di viaggio di aver partecipato ad alcuni esperimenti con queste gocce prima a Parigi e in seguito a Londra dal 1661 al 1665.
Per John Beckmann, economista, tali gocce provenivano da Stoccolma. Infatti, secondo i suoi resoconti, queste ultime furono portate dall’ambasciatore francese Chanut alla corte svedese; allo stesso tempo è però attestato che nel medesimo anno 1662 esse siano state viste anche a Leida e ad Amsterdam.
In Inghilterra furono conosciute come «Rupert’s drops», dal già citato principe Rupert, nipote di Carlo I e appassionato delle arti chimiche.
In Italia queste lacrime erano conosciute a Roma fin dal 1655 ed erano provenienti dalle Fiandre. I nobili dell’epoca, tra i quali il Granduca di Toscana Ferdinando II, rimasero appassionati dallo spettacolare fenomeno e decisero di incaricare alcuni scienziati di condurre un’indagine scientifica che portasse alla comprensione dell’origine dell’affascinante fenomeno. Purtroppo, gli studi non riuscirono a far luce sulle proprietà delle lacrime di vetro che rimase dunque ancora per molti anni un mistero.
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Federico Granata, Gianni Di Paolo, Lisa Pelaccia, Virginia Josetta D’Alanno, Tommi Cinquepalmi (studenti della Classe 5C del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Pescara)