Il primo caso di coronavirus a Codogno? In realtà ha fatto il suo ingresso molto prima in Italia e non in Lombardia. Nei giorni scorsi vi abbiamo parlato dello studio secondo cui Covid-19 potrebbe essersi diffuso in Liguria già nell’ultima parte del 2019, ora parla Andrea Crisanti, il quale ha scoperto che Sars-CoV-2 avrebbe fatto il suo ingresso a Vo’ Euganeo nella prima o seconda settimana di gennaio. Quello di Codogno è dunque il primo caso ufficialmente riconosciuto, ma il coronavirus era già ampiamente diffuso in Italia. «Il test sierologico ha rivelato sorprese interessanti», ha dichiarato il direttore di Microbiologia e Virologia – A.O. Università di Padova, in collegamento con Agorà, il programma di Raitre. Crisanti ha illustrato i risultati di tre nuovi studi condotti sulla popolazione della piccola cittadina veneta. Questo gli ha permesso di «datare l’entrata del virus nella prima-seconda settimana di gennaio». Riscontri dai quali si può ipotizzare che l’analisi sierologica in tutta Italia possa regalarci altre sorprese. Ci sono infatti molte cose che ancora non sappiamo di Covid-19. «Questo virus ancora non lo comprendiamo bene, non comprendiamo perché raggiunta una soglia critica, le persone cominciano ad ammalarsi in modo grave».
ANDREA CRISANTI, LE SCOPERTE A VO’ E IL CASO ZANGRILLO
Andrea Crisanti ha spiegato ad Agorà di aver sottoposto a tampone, di nuovo, tutta la popolazione di Vo’ Euganeo. Poi è stato eseguito il test sierologico, mentre ora stanno completando l’analisi genetica di tutta la popolazione. «Per quanto riguarda il tampone non ci sono nuovi casi positivi», ha precisato. I ricercatori hanno però notato che un numero importante di persone al primo campionamento, quello del 24-25 febbraio, era negativo al tampone, ma hanno anticorpi. «È emerso che circa il 5% della popolazione di Vo’ Euganeo ha anticorpi contro il virus». Questo ha permesso agli scienziati di datare l’entrata del coronavirus. «Questo virus per ragioni che ancora non conosciamo si diffonde senza creare malattia finché raggiunge una massa critica di persone che si infettano e a quel punto esplode con tutta la sua violenza». Per questo Crisanti ritiene che questi casi che ci sono ora in Italia non vadano sottovalutati. Il riferimento è al caso Zangrillo: «Se fosse andato a Vo’ nella prima settimana di gennaio e avesse visto le persone che magari erano positive al virus avrebbe detto che il virus clinicamente non esisteva. Poi si è visto quello che ha fatto». Infine, si è lanciato in una stima sulla Lombardia: «Se il 23 febbraio a Vo’ era del 5% io penso che in alcune zone della Lombardia sarà arrivato sopra il 30%».
“Penso che in alcune zone della Lombardia, come la provincia di Bergamo, si evidenzierà che le persone entrate a contatto con il virus sono oltre il 30%” Andrea Crisanti, Direttore Microbiologia e Virologia – A.O. Università di Padova#agorarai pic.twitter.com/QNXGp5xL9Q
— Agorà (@agorarai) June 4, 2020