Com’è noto, si sono diffusi i dettagli relativi al cosiddetto “piano industriale” sull’Ilva che Arcelor Mittal ha fatto pervenire al Governo nella giornata di venerdì: tremilatrecento esuberi già nel 2020 e rinvio del rifacimento dell’altoforno 5. Nello stesso giorno, Mittal ha comunicato alle sigle sindacali la sua intenzione di ricorrere alla cassa integrazione per oltre 8.000 persone (a ore, altrimenti la produzione rischierebbe di fermarsi).
A Taranto tira una brutta aria, ma non è una novità. Soprattutto perché il Governo non si mostra in grado di gestire questa vicenda. Con la revoca dello scudo penale (novembre 2019) si è concesso uno spazio di manovra alla multinazionale franco-indiana che costerà un sacco di soldi alle casse dello Stato. Va ricordato che tale revoca avviene per via parlamentare, il Governo quindi – con l’accordo del 4 marzo 2020 – recupera una situazione disperata quantomeno costituendo le condizioni per una via d’uscita ordinata: se Arcelor Mittal vuole andarsene, paghi una clausola rescissoria (500 milioni di euro).
Il punto è che, allo stesso tempo, il Governo si è impegnato a entrare nel capitale di Arcelor Mittal Italia e a fare un investimento importante nel sito produttivo di Taranto: forno elettrico e produzione a gas. Ora: come può Arcelor Mittal presentare un piano industriale quando nessuno sa cosa intende fare il Governo?
A oggi, nessuno ha notizia dello stato dell’arte di quelli che sono gli impegni presi dall’esecutivo nell’accordo del 4 marzo. È evidente che questo ritardo del Governo fa molto comodo a Mittal. In questa fase è arduo definire un piano industriale per via del riassestamento dei mercati – in particolare quello europeo – dopo la pandemia. E le variabili non sono di poco conto. Meglio, quindi, continuare con questi livelli di bassa produzione – e ricorrere agli ammortizzatori sociali – e capire nel frattempo cosa succede sui mercati.
Il ministro Patuanelli ha commentato ieri dicendo che “Mittal può anche andarsene”. Il punto è che lo Stato da solo non può rilanciare un impianto così complesso come quello di Taranto. La expertise del privato è fondamentale. Il ministro ha forse un piano b? C’è un altro player dell’acciaio pronto a subentrare? Non lo escludiamo, ma senza un Governo capace di interloquire in modo adeguato con l’industria, continueremo a vedere a rischio le nostre produzioni. E a essere facile preda degli interessi degli investitori.
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