Il propagarsi del Covid-19 ha avuto un forte impatto sul mondo dell’istruzione universitaria in quanto ne ha impedito, e rischia di impedire nei prossimi mesi, la possibilità di frequentare in persona i corsi impartiti.
Una lettera fatta pervenire alla Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, da parte dell’American Council of Education, associazione che raggruppa più di 1.700 università ed enti di formazione americani, riportava una previsione di una perdita del 15% di immatricolazioni per le università americane nel prossimo anno accademico e di 23 miliardi di dollari di ricavi in meno. La cifra potrebbe raggiungere oltre 46 miliardi se si considera anche la perdita aggiuntiva derivante da servizi per studenti e professori quali, ad esempio, l’housing, le mense, le biblioteche ed i servizi ricreativi.
In Italia è lecito aspettarsi un effetto analogo sia sulla domanda estera (studenti stranieri che vorrebbero immatricolarsi in Italia) sia sulla domanda interna di studenti fuori sede (studenti che vorrebbero immatricolarsi in una regione diversa da quella di residenza). Le immatricolazioni presso gli atenei potrebbero subire ripercussioni sia a causa dell’emergenza sanitaria (come ad esempio una riduzione della propensione a spostarsi per studiare), sia a causa della crisi economica (riducendosi le risorse a disposizione delle famiglie). In altri termini, come avvenuto già in passato in seguito ad altre crisi, il numero di immatricolati nei prossimi anni accademici potrebbe ridursi significativamente.
Secondo le stime effettuate dall’Osservatorio Talents Venture, se la contrazione del Pil a fine anno dovesse essere del 9,1%, come stimato dal Fondo monetario internazionale, il numero di immatricolati nell’aa. 2020/21 potrebbe ridursi di circa 35mila unità (-11% rispetto all’anno precedente).
Per sopperire alla riduzione di reddito disponibile delle famiglie italiane, una quota di risorse statali destinate alla “cura economica” del nostro Paese dovrebbe essere destinata all’investimento in istruzione, non solo per mantenerne gli attuali – sebbene scarsi – livelli (i laureati sono pari al 27,8% secondo Eurostat, dati 2018), ma per aumentare la specializzazione professionale e le condizioni di accesso al mercato del lavoro dei propri cittadini.
Per contrastare questo fenomeno, con Talents Venture abbiamo lanciato l’idea dell’istituzione di un simil “Reddito di istruzione” che permetta a tutti gli studenti di iscriversi all’università a costo zero (misura equivalente a un esonero completo dalle tasse) e ricevere delle risorse aggiuntive (equivalente ad una borsa di studio) in casi particolari, come ad esempio il trasferimento in una città diversa da quella di provenienza.
A differenza di quanto accade oggi per gli esoneri e borse di studio, le somme ricevute tramite il Reddito di istruzione dovrebbero però essere restituite dallo studente. Tuttavia, a differenza dei prestiti d’onore attualmente presenti in Italia, la restituzione del finanziamento avviene solamente se vi è la presenza di un reddito da lavoro ed in proporzione allo stesso reddito percepito. Di fatto si va ad alimentare un ciclo virtuoso dove i laureati, entrati nel mercato del lavoro, sosterranno il percorso di istruzione delle generazioni successive.
Le risorse necessarie a coprire l’investimento iniziale potrebbero essere reperite dai fondi pubblici e privati, magari attingendo dal Recovery Fund. Si pensi che per fornire un contributo annuo di 5mila euro a circa 300mila immatricolati per completare un percorso di studi di 5 anni potrebbero servire al massimo 7,5 miliardi di euro, circa il 10% degli interessi sul Pil previsti per il 2020.
La partecipazione all’investimento potrebbe essere stimolata utilizzando degli Student Bond, strumenti simili ai Social Impact Bond che, seguendo una schema Pay-for-Success, ancorino il rimborso del capitale e la remunerazione dell’investimento con degli interessi al raggiungimento di un traguardo sociale che in questo caso rappresentato dall’ingresso dei ragazzi nel mercato del lavoro.
Come in tutti i settori, c’era un mondo pre-Covid-19 e ce ne sarà uno post-Covid-19. È opportuno che gli interlocutori del mondo dell’istruzione siano pronti ad attrezzarsi per reagire di conseguenza, anche con l’istituzione di strumenti finanziari innovativi, diversi dagli schemi attuali che hanno provato la loro limitata efficacia e che non sono adatti nel contesto di crisi odierna.