LA MOSSA CONTRO LA PATRIMONIALE
Sul sito del Giornale nei giorni scorsi si era tornati a parlare dell’ipotesi che si possa arrivare al varo di una patrimoniale, avendo anche in mente la famosa manovra con cui nel 1992 il Governo Amato ha proceduto a un prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani. Per evitare di ritrovarsi colpiti da questa imposta, come ha ricordato La Verità, si potrebbe far ricorso alla previdenza complementare, che potrebbe persino essere incentivata, almeno secondo quanto era emerso nel dibattito sulla riforma pensioni precedente la crisi da coronavirus. Di fatto si potrebbero investire i propri risparmi in “forme pensionistiche incaricate di raccogliere il risparmio previdenziale mediante il quale, al termine della vita lavorativa, si potrà beneficiare di una pensione integrativa. Oppure si potrebbe investire parte del proprio denaro tramite un consulente finanziario e compensare, con buoni rendimenti, il prelievo di una patrimoniale che arriverebbe prendendo i soldi direttamente dal conto corrente o potrebbe essere calcolata in base al reddito”.
LE PAROLE DI LUSARDI
Il Sole 24 Ore ricorda che “il ‘Mese dell’Educazione Finanziaria’, che anche quest’anno si terrà in ottobre, sarà dedicato alle scelte finanziarie e alla previdenza in tempi di Covid”. “Le adesioni ai fondi di previdenza complementare sono molto basse in Italia rispetto ad altri Paesi e in prospettiva le pensioni pubbliche potrebbero non bastare per garantire adeguati livelli di reddito. Lo stesso discorso vale per le assicurazioni. C’è una bassa consapevolezza della necessità di prendersi cura di se stessi in una prospettiva di futuro incerto. Ecco perché l’attenzione del Mese ai temi assicurativi lo scorso anno e a quelli previdenziali quest’anno”, spiega al quotidiano di Confindustria Annamaria Lusardi, Professoressa della George Washington University School of Business e direttore del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. “Molti risparmiatori hanno dovuto fare scelte nuove ed importanti per il loro futuro. La scelta della previdenza come uno dei temi del Mese dell’educazione finanziaria 2020 è centrale, in questo contesto”, aggiunge.
LA POSIZIONE DI STAGNARO E CAPONE
Carlo Stagnaro (direttore dell’Osservatorio sull’economia digitatale dell’Istituto Bruno Leoni) assieme al giornalista Luciano Capone sul Foglio di oggi provano a delineerei dei “consigli non richiesti” al Pd per abolire l’ultima riforma pensioni Quota 100 e tornare “alle origini”. «Se il Pd è davvero contrario a Quota 100», scrivono a 4 mani i due pensatori liberali, «deve anticipare la fine della riforma pensioni e sostituirla con una misura che proprio il Pd aveva voluto nella scorsa legislatura, ovvero l’Ape volontario». Insieme a Italia Viva, che si dice d’accordo sulla linea principale, il piano potrebbe essere strutturato in pochi passaggi: va in primo luogo consentito agli intermediari finanziari di gestire «l’intero processo di domanda Ape Sociale per conto dei beneficiari che invece prima doveva farsene interamente carico addentrandosi nei meandri del sito Inps».
In questo modo, spiega l’Istituto Bruno Leoni nello studio a firma Del Prato-Paradisi, «si potrebbero ridurre sia i costi di adesione […] e quelli di informazione». Ripristinando l’Ape Sociale, con i dovuti accorgimenti e calibrature aggiornate all’attuale crisi economica, concludono Capone e Stagnaro «Pd e Iv possono presentare il conto ai grillini del fallimento di Quota 100 […] mantenendo la flessibilità in uscita dal mercato del lavoro ripristinando una misura che essi stessi avevano prima elaborato e poi lasciato morire, e infine liberare risorse preziose per finanziare la ripresa». (agg. di Niccolò Magnani)
IL MESSAGGIO INPS SULL’ISOPENSIONE
La riforma pensioni targata Fornero ha introdotto uno strumento che potrebbe essere utilizzato più che nel passato quest’anno sotto la spinta dalla crisi del coronavirus: l’isopensione, con cui sostanzialmente l’azienda si fa carico dei costi di un prepensionamento che può arrivare fino a sette anni. In un messaggio dell’Inps della scorsa settimana, tuttavia, come ricorda pensionioggi.it, viene spiegato che “i datori di lavoro devono fare attenzione ad aggiornare l’importo della contribuzione correlata dovuta all’Inps per il finanziamento dell’isopensione se alcuni emolumenti vengono corrisposti al lavoratore successivamente alla risoluzione del rapporto di lavoro. In questi casi, infatti, il datore deve regolarizzare l’importo della contribuzione figurativa complessivamente dovuta per il periodo di esodo tenendo conto di tali emolumenti entro il mese successivo a quello in cui è avvenuto il pagamento. L’omissione sarà altrimenti considerata evasione contributiva”. La regolarizzazione va compiuta entro “entro il mese successivo a quello in cui è stato erogato l’emolumento”.
IL CHIARIMENTO SUL CUMULO DEI PROFESSIONISTI
Come ricorda Italia Oggi, l’Inps, attraverso un messaggio in cui ha raccolto 25 risposte a quesiti sul pensionamento in regime di cumulo, ha spiegato che “i professionisti con cassa seguono le regole dei dipendenti dell’Inps, ai fini del pensionamento in regime di cumulo contributivo. Per avere la pensione di vecchiaia cumulando ai contributi della cassa quelli versati all’Inps, infatti, devono attendere la maturazione dei requisiti (età e contributi) previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti dell’Inps (67 anni e 20 anni di contributi nel 2020), anche se la cassa fissa requisiti inferiori”. Cosa non infrequente, anche se i requisiti stanno tutti col tempo allineandosi. Importante poi che i periodi contributivi che si intendono sommare non siano totalmente coincidenti. In tal caso, infatti, non c’è possibilità di ricorrere al cumulo. Diverso invece il caso di parziale sovrapposizione, per cui si potranno “considerare parzialmente i periodi di contributi dell’uno e quelli dell’altro lavoro, se ciò serve a maturare il diritto alla pensione”.
RIFORMA PENSIONI, LE STIME SUI CONTI DELL’INPS
Una della preoccupazioni sempre vive quando si parla di riforma pensioni è la sostenibilità del sistema previdenziale e dei conti dell’Inps, specie in questo periodo in cui sono state necessarie rassicurazioni sul fatto che ci sono le risorse necessarie a pagare gli assegni pensionistici dei prossimi mesi. In un articolo su L’Economia, inserto del Corriere della Sera, Alberto Brambilla e Claudio Negro segnalano però il rischio che l’Inps possa chiudere l’anno con un disavanzo di 49 miliardi di euro. Gli autori provano quindi a stimare le spese dovute a erogazione di Naspi, Cig e ammortizzatori sociali che sono nettamente aumentate quest’anno rispetto al passato a causa dell’emergenza coronavirus.
IL RISCHIO DI UN DISAVANZO DI 49 MILIARDI
“Solo per Cig ordinaria, in deroga e assegni di solidarietà arriveremo facilmente a 18-20 miliardi, cui aggiungere 24 miliardi (o più) di disoccupazione e le altre provvidenze che non sono neppure parzialmente coperte da contributi. In totale per il solo 2020, si può ipotizzare un fabbisogno di risorse pubbliche ben superiore ai 55 miliardi solo per ammortizzatori sociali, esclusi i contributi figurativi (non poca roba), liquidità per le imprese, spese per la sanità e così via”. Complessivamente, tenendo conto degli effetti della crisi sul mercato del lavoro, “per le pensioni e gli ammortizzatori sociali le entrate contributive potrebbero ridursi tra i 16 e i 19 miliardi mentre le maggiori uscite si potranno attestare tra 8 e 10 miliardi”, cui si dovranno aggiungere i costi per le prestazioni temporanee da ripianare con trasferimenti dallo Stato. “Il disavanzo Inps per il 2020 potrebbe quindi aggirarsi, escludendo le prestazioni temporanee, tra 41 e 49 miliardi”.