Le scuole e le università cattoliche sono i gioielli del Libano. Si tratta di vere e proprie istituzioni private (dunque non come in Italia, dove non esistono scuole private se non pochissimi esempi, ma scuole paritarie con quelle statali, in seguito alla riforma del ministro Berlinguer nel 2001) di altissima qualità, dove chiunque abbia i mezzi economici, anche i musulmani, vi manda i propri figli. La scuola statale libanese, infatti, è quasi del tutto assente e quel poco che c’è è di scarsissima qualità. Adesso però l’intero sistema delle scuole e università è sul punto di crollare. La situazione economica delle scuole cattoliche in Libano minaccia il collasso totale, causato sia dalla crisi sociale degli ultimi mesi sia dalle conseguenze delle restrizioni dovute alla pandemia. La situazione economica di molte scuole cattoliche sta peggiorando da tre anni a questa parte, dice in questa intervista padre Firas Lutfi, Ministro francescano della Regione San Paolo (Giordania, Libano e Siria), dopo che il governo ha decretato nuovi “tassi salariali” per i lavoratori del settore pubblico, includendo anche il settore scolastico. Da allora, la situazione è diventata insostenibile, soprattutto per le scuole che lavorano nelle aree urbane e rurali meno prospere del paese. Diffidenza e malcontento crescono tra tutti i membri della comunità scolastica nazionale e in particolare tra genitori, insegnanti, studenti, personale amministrativo e ausiliario delle scuole cattoliche, che svolgono un ruolo importante in Libano, poiché le scuole gestite direttamente dallo Stato non possono garantire alti livelli di istruzione, mentre chi si laurea nelle università cattoliche, come ricorda padre Lutfi, trova immediatamente lavoro all’estero.
Le scuole e le università cattoliche non ricevono alcuna sovvenzione da parte dello Stato?
No, scuole e università cattoliche sono private. In Libano ci sono scuole governative quasi gratuite e quelle private sono entità a sé stanti, il governo non collabora in nessun modo. Le scuole e le università appartenenti alla Chiesa o a vari ordini religiosi sono di qualità molto diversa rispetto a quello che il governo riesce a fare: garantiscono un livello educativo di grande ampiezza.
Adesso però fanno i conti con la crisi economica che colpisce tutto il Libano?
Il problema è sorto già alcuni anni fa a causa dell’alto costo della vita. Sei mesi fa, a ottobre, è arrivato al culmine quando tutto il popolo è sceso in piazza contro la corruzione dei politici. Si è aperta una grave crisi, che ha trascinato il Libano nel deficit, sull’orlo del default. Tanti padri di famiglia si sono trovati lo stipendio dimezzato o hanno perso il lavoro: così non possono più pagare le rette scolastiche dei figli.
Ma essendo, come ci diceva prima, la scuola cattolica praticamente l’unica scuola del paese, lo Stato non può intervenire in suo aiuto?
C’è la difficoltà della Chiesa di gestire una scuola dove le banche, dal 17 ottobre scorso, hanno confiscato tutto.
In che senso tutto?
Chi aveva in banca qualche sussidio o dei risparmi, non può più prelevarli. Il sistema paese è saltato. In più va aggiunto il problema del coronavirus, che ha costretto aziende grandi e piccole a chiudere e a molti licenziamenti. La situazione è tragica e drammatica.
Anche i musulmani possono frequentare le scuole cattoliche?
Certo, sono scuole aperte e tolleranti, ma con una identità cristiana precisa. Un musulmano è libero di non frequentare la messa, ma non di criticare l’ideale dell’insegnamento.
Quale speranza si può nutrire per il futuro della scuola cattolica libanese?
Senza un sostegno dello Stato e vista la gravità della situazione economica e di convivenza tra le religioni, può sperare solo in un aiuto esterno. Per quest’anno pensiamo di andare avanti per il 70-80%, ma l’anno prossimo, se non ci saranno fondi, saremo costretti a dimezzare i professori e gli studenti oppure a chiudere. Il Papa ha già compiuto un gesto significativo, concedendo 200mila dollari, ma ce ne vogliono molti di più. Ha chiesto che venga realizzata una alleanza internazionale, superando ogni divisione di interesse e di parte.
(Paolo Vites)