Mentre il presidente Conte vive ritirato tra i quadri della scacchiera di Palazzo Chigi per mettere a punto il programma degli Stati Generali, si registra qualche malumore all’interno della minoranza per il prossimo appuntamento elettorale: le regionali. Proprio in questi giorni arriverà alle Camere il decreto che rinvia il voto di maggio a fine estate concentrando in un’unica data – il 20 e il 21 settembre – il Referendum sul taglio dei parlamentari e il primo turno delle amministrative, costringendo così i partiti ad accelerare sulla scelta dei canditati.
Il Pd e il Movimento 5 Stelle, nonostante le boutade del redivivo Zingaretti che ogni volta che viene intervistato fa calare drammaticamente l’appeal ormai consunto del centrosinistra, sembrano avere ritrovato un minimo di armonia partendo proprio dalla Liguria, che sarà la grande occasione per sperimentare quell’alleanza permanente – e innaturale – vagheggiata tanto da Franceschini e fortemente caldeggiata dal compagno Fico.
Ma la vera sfida si gioca nel centrodestra, tra le leadership di Matteo Salvini e la Meloni nazionale, forte dei sondaggi che la vedono correre per raggiungere l’ombra della Lega. Non dimentichiamoci però di Forza Italia e del suo presidente che trova sempre la leva per riposizionare i fari della competizione sulle sue dichiarazioni che, da un lato, ammiccano a Conte e, dall’altro, destabilizzano i componenti del suo stesso partito.
Ma quale migliore occasione per smarcarsi dalla politica che ha contraddistinto questo ultimo anno di governo per rilanciare un centrodestra rinnovato, lontano dalle vecchie ammucchiate modello sinistra con De Luca, De Mita, Mastella? Che abdica al corto respiro della tattica con una strategia a lungo e medio termine?
Ed ecco spuntare il nuovo, anzi i nuovi nomi che potrebbero traghettare inesorabilmente la colazione di centrodestra verso la débâcle: Fitto Raffaele, “astro nascente” di FdI e papabile candidato per la Puglia, e Stefano Caldoro, sostenuto da Fi per la Campania. Entrambi vantano curriculum di assoluto rispetto, al di là delle note vicende giudiziarie che li hanno rispettivamente coinvolti e in differenti situazioni. Entrambi ex presidenti di Regione non riconfermati al secondo mandato. Entrambi non piacciono alla base di chi ha pensato di proporli, tanto che qualcuno ha già abbandonato gli ormeggi per approdare da mamma Lega e qualcun altro sta guardando con interesse alla scelta fatta dagli apripista Nappi e Zinzi.
Il solito tiro alla fune tra amici, parenti, congiunti e affini che non ha nulla a che vedere con un nuovo corso politico, ma anzi ripropone un modello fatto di clientelismo e opportunità. La vecchia geometria poco variabile di una politica scontata e che nulla ha a che vedere con il coraggio delle scelte.
Perché se qualcuno ha da poco presentato il suo ultimo libro, La mossa del cavallo (Renzi), c’era da aspettarsi anche il salto del Cavaliere. I due autori uniti dall’iperbolico patto del Nazareno. A quando lo scacco alla Regina?
“Redde rationem villicationis tuae: iam enim non poteris villicare”.