La fisica moderna potrebbe non essere più la stessa grazie al lavoro sinergico condotto da due scienziati dell’Università di Pisa e che rispondono ai nomi di Daniele Teresi e Alessandro Strumia, i quali, grazie a uno scenario rivoluzionario da loro teorizzato e ribattezzato con l’appellativo di “Naturalezza Precaria”, riuscirebbero a fornire una spiegazione a fenomeni fin qui difficili da giustificare, fra i quali, ad esempio, spicca l’assimetria fra materia e antimateria. Lo studio dei due professionisti è stato pubblicato sull’autorevole rivista “Physical Review D”, uno dei principali organi d’informazione per quanto riguarda il mondo della fisica teorica delle alte energie, e in esso si legge che esiste l’ipotesi secondo cui l’Universo possa trovarsi in uno stato precario, “come la cima di una montagna”. Un parallelismo senza dubbio affascinante e che avvicina maggiormente la comprensione dei contenuti a chi non mastica quotidianamente la materia oggetto di vita e di lavoro di Teresi e Strumia.
FISICA MODERNA RIFONDATA DA DUE ITALIANI? LE LORO TEORIE
Sulla questione inerente a quest’ultima teoria, la quale – come anticipato – porterebbe a una vera e propria rifondazione della fisica moderna, è intervenuta con una nota ufficiale anche l’Università di Pisa, secondo cui questo modello elaborato dagli scienziati “presuppone l’esistenza di nuove particelle a una scala di energie più alta, ma non molto più alta, di quella attualmente esplorata”. Secondo i diretti interessati, “nell’Universo soltanto le regioni coi valori ‘giusti’ dei parametri osservati vivrebbero più a lungo, mentre tutte le altre scivolerebbero rapidamente giù dalla montagna, collassando in poco tempo”. Non è tutto: “Spesso la fisica delle alte energie viene considerata essa stessa in uno stato precario, dato che non si è scoperta nuova fisica nonostante gli sforzi significativi intrapresi in questi anni, contrariamente alle aspettative – hanno asserito Teresi e Strumia –. Lo scenario del nostro studio, se effettivamente realizzato in natura, garantirebbe invece nuove scoperte future, al prezzo di rendere l’Universo stesso precario”.