“L’Italia è un Paese sicuro. Ma, ancor prima, è un patrimonio unico e prezioso. Anziché svendersi, scontare i listini, mendicare all’estero il ritorno dei vacanzieri, bisognerebbe al contrario tener ben alta la testa e far pagare ad ogni turista una tassa d’ingresso, la tassa della bellezza, diciamo di cento euro. Calcolando il flusso di turisti stranieri in Italia, si potrebbero raccogliere circa 12 miliardi all’anno, da destinare a implementare e innovare il settore. Il problema, semmai, sarebbe solo quello di verificare che quei denari non prendano una direzione diversa”. È la strategia di marketing proposta da Elisabetta Fabri, proprietaria e presidente del gruppo Starhotels, nato quarant’anni fa grazie all’iniziativa di Ferruccio Fabri. Da Firenze, Starhotels è cresciuto nel corso del tempo, posizionandosi in molte città italiane, per poi acquisire prestigiose proprietà a Londra, Parigi e New York. Nel corso di questo processo di espansione, la guida del gruppo è passata alla seconda generazione. Oggi Starhotels conta 30 alberghi a 4 e 5 stelle sparsi tra Italia, New York, Parigi e Londra, mille dipendenti, 4200 camere.
Allora, presidente, lei vorrebbe applicare al turismo uno dei cardini del luxury market, quello dove la firma è il moltiplicatore del valore aggiunto?
Esatto. E non si pensi che così facendo si ridurrebbero i flussi del turismo in entrata: anzi, è vero il contrario. Il turismo in Italia soffre di una carenza di posizionamento, in pratica non sappiamo venderci bene, al contrario ad esempio dei francesi. Ma tutti sappiamo, e lo sa tutto il mondo, che solo l’Italia può vantare così tanti patrimoni culturali, artistici, naturali: è tutto questo la “firma”, il brand su cui puntare. Ne dobbiamo essere più consapevoli, e dobbiamo costruire su questo una nuova strategia. Chi vuole godere del nostro splendore, deve pagare l’ingresso al club.
Una svolta che solo una concertazione nazionale potrebbe adottare.
Vero. Sembra impossibile, ma per un settore che vale così tanto non si è mai arrivati a organizzare un tavolo che veda presenti tutti i soggetti in causa, dalle associazioni di rappresentanza ai responsabili del Governo. Oggi stiamo toccando il fondo, peggio di così è difficile: il Covid sta dimostrando che senza turismo è una buona parte d’Italia che si ferma, vista l’estrema ramificazione della filiera che attiva. Ed è quindi proprio adesso l’ora di risvegliarci.
Non sarà che la frammentazione delle rappresentanze influisca negativamente su un’azione comune quale quella che lei indica?
Può essere, del resto sotto la voce “turismo” confluiscono talmente tante attività da rendere indispensabili altrettante voci. Ma quando parlo di strategie parlo soprattutto di nuove idee, di pianificazione, di infrastrutturazione: bisogna studiare e stabilire dove è bene vi sia un aeroporto, dove un collegamento stradale o ferroviario migliore. E parlo anche di indicare ai territori le migliori attitudini su cui puntare, dalla cultura al green, ad esempio.
Nel frattempo, qual è la situazione del suo gruppo?
Come vuole che sia, difficilissima. Questa settimana abbiamo aperto tre strutture, a Milano il Rosa Grand (che in realtà non avevamo mai chiuso), a Firenze l’Helvetia & Bristol e a Venezia lo Splendid. Lunedì prossimo ne apriremo una a Roma, poi un’altra a Trieste. Vedremo come andrà. Adesso abbiamo richiuso il Cristallo Palace, a Bergamo, che per tre mesi avevamo tenuto aperto, riservandolo a pazienti Covid in fase di dimissione. In ogni caso, negli hotel che abbiamo riattivato si procede a vista: a Milano abbiamo occupato il 10% delle camere, a Firenze il 20%, a Venezia arriviamo al 22%. Ovvio che i costi sono ben superiori ai ricavi, ma se non si prova a ripartire…
Ha già fatto una prima stima dei danni?
Meglio che non ci pensi. È un salasso. Abbiamo perso l’80% del fatturato, a fronte di spese fisse enormi.
Però ci sono gli interventi statali…
Scherza? Io capisco che tutti chiedono e che ci sono pochi soldi in cassa. La situazione è grave e non di facile gestione. Però la realtà è che noi abbiamo dovuto anticipare la cassa integrazione per i nostri mille dipendenti, e nessuno ancora ci sa dare una data precisa di rientro. Siamo vittime di confusione e ritardi colposi. Per non dire del famoso bonus vacanze, uno schiaffo in faccia per la nostra categoria, che per di più rischia di arrivare alla fase attuativa quando ormai non servirà più.
A voi invece cosa servirebbe?
Riassumo alcuni punti, che Confindustria Alberghi ha già presentato in forma di emendamenti al Decreto Rilancio: modifiche al credito d’imposta sugli stabili, con la relativa possibile cessione; contributo a fondo perduto; proroga degli ammortizzatori sociali; nuove disposizioni sul lavoro accessorio; incentivi all’occupazione nel settore; nuova disciplina degli oneri finanziari e degli interessi passivi; proroga della sospensione dei versamenti; azzeramento dell’Imu per le strutture turistiche; credito d’imposta sulla perdita di fatturato; un vero “fondo turismo”. Devo continuare?
No, sembra abbastanza.
Ma non creda che, pur in questo disastro, si chiedano solo aiuti. In realtà, e prima di tutto, c’è il bisogno di un vero piano strategico, come dicevo. Perché bisogna ragionare in maniera costruttiva, dare prospettive, obiettivi e speranze per risollevare tutto il comparto dalla profonda depressione in cui è precipitato.
Si parla molto di fiducia e reputazione, per riconquistare i clienti. Immagino che anche il suo gruppo abbia adottato precisi protocolli di sicurezza nelle strutture.
Con l’aiuto di un team di esperti e nel rispetto delle disposizioni delle autorità sanitarie nazionali e internazionali (WHO) in materia di Covid-19, abbiamo creato il protocollo #bestarbesafe, per tutelare la salute di ospiti e personale. A ogni partenza la camera e il bagno vengono sanificati, igienizzati e areati; pulizia più frequente degli impianti di climatizzazione; sono state previste dotazioni di protezione individuale specifiche per il personale dell’hotel e per gli ospiti sarà disponibile il Safety Kit (mascherina, bustine di gel disinfettante e guanti monouso). Gli ospiti troveranno inoltre numerosi dispenser di gel disinfettante per le mani in tutte le aree comuni e presso i bar e ristoranti degli hotel. Tutti gli ambienti comuni dell’hotel vengono sanificati e igienizzati più volte al giorno con specifiche attrezzature. Le aree sono state riorganizzate per garantire il distanziamento sociale e un adeguato livello di sicurezza. La prima colazione viene servita à la carte o in camera con un innovativo Breakfast Box. I nostri Chef hanno ideato nuove proposte per pranzo e cena privilegiando prodotti del territorio che seguono la stagionalità, con modalità di presentazione e servizio che tengono conto di tutti i criteri di sicurezza previsti. I menu cartacei sono stati eliminati. Tutto il personale Starhotels è stato formato relativamente alle nuove procedure e standard di servizio previsti dal protocollo di sicurezza e dal processo di certificazione. Abbiamo costituito un Comitato di Sorveglianza interno per verificare le varie fasi di implementazione del protocollo.
Tutto questo dovrebbe scongiurare il pericolo di responsabilità per gli eventuali contagi?
Questo è un altro tasto dolente. Chi potrà mai stabilire dove una persona è entrata in contatto con il virus? Eppure, se la norma non cambierà, immagino vi sarà chi proverà a intentare stravaganti cause risarcitorie. Del resto, noi abbiamo maturato esperienza a New York, dove capita regolarmente che qualche anima bella denunci un immaginario furto in struttura, confidando in un ristoro da parte dell’hotel.
E come vi regolate?
Beh, lì abbiamo installato videocamere ovunque, ma proprio ovunque, e siamo riusciti ad inchiodare chi ci fa causa inopinatamente.
(Alberto Beggiolini)