Se l’Alleanza atlantica era nata allo scopo di fronteggiare il pericolo comunista a livello globale, non c’è dubbio che la proiezione di potenza cinese ha indotto prima l’Amministrazione americana e poi i vertici dell’Alleanza atlantica ad adeguarsi rapidamente a questo mutato scenario, prendendo atto che l’ascesa della Cina nello scacchiere mondiale non solo sta spostando l’equilibrio globale della potenza, ma sta mettendo in discussione l’egemonia politica, militare e soprattutto economica – leggi tecnologica – degli Stati Uniti, proprio come durante gli anni della Cold War aveva fatto l’Urss.
Non senza evidente preoccupazione il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha sottolineato come la Cina avrà presto la più grande economia del mondo e come stia diventando leader in alcuni dei più importanti investimenti in campo tecnologico come l’intelligenza artificiale e il calcolo quantistico.
Proprio per questa ragione la Nato dovrà consolidare i suoi legami con l’Australia, il Giappone, la Nuova Zelanda e la Corea del Sud in funzione di contenimento della politica di proiezione di potenza cinese (si pensi alle contese su Mar Cinese Meridionale e 5G).
Ebbene, la politica di espansione del Dragone si concretizza, secondo il segretario Nato, non solo nei maggiori investimenti realizzati nelle infrastrutture militari, ma anche nella tecnologia missilistica. Inoltre, il fatto che la Cina si stia espandendo sia nell’Artico, sia in Africa, spesso in stretta sinergia con la Russia, rappresenta un ulteriore pericolo per l’egemonia americana.
In secondo luogo, allo scopo di dare nuova linfa vitale a una struttura politico-militare che rischiava di collassare su se stessa dopo la caduta del Muro di Berlino, Stoltenberg sottolinea il ruolo sempre più globale della Nato, un ruolo che non dovrà soltanto investire la dimensione militare, ma anche quella della sicurezza dei cambiamenti climatici e delle sue implicazioni sul piano della sicurezza, e infine quella del cyberspazio.
In terzo luogo, al di là del riconoscimento formale relativo all’importanza dell’Unione Europea anche sotto il profilo della difesa, è estremamente significativo il fatto che il segretario della Nato abbia ancora una volta ribadito come non possa esistere una Ue sotto il profilo militare al di fuori della Nato e di conseguenza come la Nato rappresenti, allo stato attuale, l’unica alternativa possibile per concretizzare in termini realistici un’efficace coalizione in ambito europeo.
Difficile, analizzando la sua relazione, non osservare come, con indubbia abilità oratoria, il segretario della Nato sia riuscito a evitare di sottolineare come i diversi fallimenti della Nato – a cominciare da quello del teatro afghano a quello del teatro libico – abbiano messo in discussione proprio la capacità e l’efficacia militare della Nato, accentuando al contrario l’instabilità globale.
In quarto luogo, per quanto riguarda il nemico storico della Nato, la Russia, il segretario non può fare a meno di sottolineare come l’uso illegittimo della forza militare in Georgia e in Ucraina abbia profondamente destabilizzato l’equilibrio di potenza a livello globale. Inoltre gli investimenti tecnologici da parte della Russia sul nuovo missile SSC-8 hanno determinato la fine del Trattato Inf.
Vediamo, ora, di trarre alcune conclusioni. Complessivamente l’autoritratto che il segretario Nato ha fatto del ruolo dell’Alleanza è quello di uno sceriffo globale che vuole difendere la libertà e la democrazia del mondo contro i nuovi nemici, la Cina e la Russia. Un ritratto questo che, fra l’altro, non tiene per nulla conto del fatto che l’Alleanza atlantica non si è ristrutturata, alla fine della Guerra fredda, a scopo esclusivamente difensivo nei confronti della minaccia russa, ma in prima battuta a scopo offensivo, come dimostra l’allargamento dell’alleanza atlantica agli ex paesi dell’Est Europa, allargamento posto in essere proprio per indebolire la Russia.
Per quanto riguarda la Cina e il timore da parte dell’Amministrazione Trump per la logica espansionistica del Dragone – timore pienamente legittimo e giustificato sul piano della strategia globale – il discorso di Stoltenberg dimostra implicitamente l’insipienza dell’Amministrazione Clinton, che non ha saputo – o forse non ha voluto – vedere nella Cina un reale pericolo per l’egemonia americana a livello globale.
I timori espressi non solo da Trump e da Mike Pompeo, ma dallo stesso segretario generale della Nato sul pericolo rappresentato dalla Cina per l’egemonia americana, sono pienamente fondati, ma non tengono conto – anzi non possono tenere conto all’interno di una narrazione di propaganda quale quella compiuta del segretario – del fatto che storicamente le potenze in ascesa hanno sempre cercato, con successo minore o maggiore, di mettere in discussione l’egemonia altrui attraverso la diversificazione degli investimenti in ambito economico e militare.