«È ora l’azione incoerente di governo che preoccupa, più che la burocrazia. Il Consiglio dei ministri sostituito dalla processione dei ministri a Palazzo Chigi. Lo stile leaderistico senza leader. L’accentramento senza rapidità di azione. Il sentire molti per non ascoltare nessuno. Gli Stati generali divenuti passerella»: sono parole durissime e provengono da Sabino Cassese, autorevole giudice emerito della Corte Costituzionale, in riferimento al Premier Conte. Non è la prima volta nell’emergenza Covid-19 che l’accademico 84enne lamenta una certa quale “allergia” ai valori democratici del Governo nella gestione della crisi sanitaria, ma questa volta dalle colonne del Corriere della Sera un durissimo editoriale spinge Conte all’opposto di quanto, da più parti, viene visto come il nuovo leader del futuro di ripresa italiana.
«Bilanciare gli obiettivi con la capacità di realizzarli è il modo per non scrivere il libro dei sogni», attacca Cassese partendo dalla decontrazione pressoché totale degli imminenti Stati Generali sull’economia convocati da Conte all’oscuro, pare, di buona parte del Governo. Davanti ad un prossimo periodo difficilissimo per l’economia e la società del Paese, serve uno stile “decisionista” che non si limiti all’ascolto ma passi ai fatti nel più breve tempo possibile: «gli interventi fatti finora sono stati dominati dall’urgenza. Un governo che voglia far sul serio deve ora cercare di guardare lontano, curare mali endemici, prospettare un futuro: grandi infrastrutture (a partire da ospedali, scuole, verde attrezzato), istruzione (non solo, quindi, scuola), uffici pubblici, giustizia, hanno bisogno di manutenzione, rammendi, ricostruzione».
CASSESE ATTACCA GLI STATI GENERALI DI CONTE
Sabino Cassese accusa Conte di voler «sentire tutti per non ascoltare nessuno» considerando i nuovi Stati Generali come una sostanziale «passerella»: secondo il giudice emerito della Consulta, anche se l’Europa sembra aver cambiato passo e si appresta a licenziare importanti investimenti per uscire dai danni provocati dalla pandemia «nessuno deve pensare che le diffidenze nei nostri confronti siano svanite». L’insipienza endemica della nostra classe politica nel “amministrare” i fondi europei non sembra vedere clamorosi “ribaltamenti” con la nuova linea di Conte a Palazzo Chigi:
«Basta guardare alla farraginosità delle nostre decisioni o ai tempi geologici e all’enorme mole di burocrazia che occorre superare per far partire qualunque iniziativa; e poi c’è la pessima prova che abbiamo dato come Paese nello spendere i fondi europei assegnati alle Regioni. Decine di miliardi non utilizzati per mancanza di progetti e fondi spesi per iniziative improbabili: piste ciclabili nei paesi di montagna e sagre di paese spacciate come iniziative culturali». Secondo Cassese il piano di Colao avrebbe dato interessanti spunti se solo fosse stato subito adottato: «Gli Stati generali sono annunciati per prospettare futuri possibili. Da tempo, però, il presidente del Consiglio segnala che la strumentazione è insufficiente».
Ma il Premier è da due anni a Palazzo Chigi, lamenta ancora Cassese sul CorSera, «avrà avuto modo di rendersi conto che troppo spesso negli uffici pubblici sono stati sistemati, senza regolari concorsi, aperti a tutti, clienti, consulenti, capibastone, fiduciari, preoccupandosi più della loro lealtà che della loro qualità ed esperienza». Eppure, conclude Cassese, nessuno – nemmeno Conte – si è preoccupato ancora dei veri tre punti chiave di buona gestione della PA: «selezione degli amministratori, disegno delle procedure, congegni diretti a motivare il personale. È ora l’azione incoerente di governo che preoccupa, più che la burocrazia». Stati Generali definiti come passerella che pensano più all’activity che non all’action vera e propria.