Viaggiando in treno partendo da Bologna in Freccia Rossa verso Milano negli ultimi giorni il viaggiatore si trova smarrito. La stazione di Bologna dell’alta velocità è deserta, transennata, i treni anziché ogni mezz’ora si alternano fra Italotreno e Trenitalia ogni ora, ora e trenta. Arrivando a Milano, stessa scena, posti di blocco della polizia ferroviaria che chiede random i documenti ai passeggeri che sono appena scesi in banchina, poi una mesta e rada colonna di viaggiatori, controllata con transenne che impongono percorsi obbligatori, esce e si dirige nel piazzale e ai taxi. Si sale con mascherina e si va verso il centro, traffico inesistente, negozi, ristoranti, bar, la vita pulsante di business, di moda e di turismo dei marciapiedi milanesi scomparsa, scenario dimesso, peggio di quello di agosto.
Mancano all’appello 170-200 mila studenti universitari residenti fuori regione che sono rientrati nei loro luoghi di residenza, il flusso dei turisti, che solo nel 2019 erano stati 11 milioni nel corso dell’anno, a fine giugno avrà una contrazione di almeno quattro milioni di presenze rispetto al precedente anno. Poi ci sono i pendolari del business: in auto, ai tempi d’oro, nel 2019, entravano a Milano passando i varchi della ZTL circa 90 mila auto al giorno, i passeggeri ferroviari erano altri 320 mila.
L’economia milanese dei negozi del lusso appannaggio degli stranieri, dei ristoranti e delle notti glamour arranca, anzi è ferma, ma anche il business dei servizi che la alimentava, moda, pubblicità, finanza, assicurazioni, terziario avanzato, design, sanità, consulenza finanziaria e strategica, economica e legale. In Italia, chi fa business va a Milano per definire strategie e concludere affari. Milano rappresenta, con la Lombardia il motore del Paese, 368 miliardi di Pil nel 2019, pari al 22% del totale, in dimensione comparative il Pil del sud Italia e delle isole insieme.
A giugno è ancora tutto incerto, l’Italia è incerta. Nel primo trimestre si è perso il 5,3 % di Pil con 20 giorni di chiusura totale, nel secondo di giorni di lockdown, ne abbiamo avuti 35, ma nei fatti sono almeno 45, e l’economia non è ancora ripartita. Applicando una semplice equazione con 35 giorni la caduta del Pil a oggi è pari all’9,2% con 45 giorni saliamo a -11,9%. Certo, si dirà, c’è l’effetto rimbalzo, ma d oggi tutto è ancora così nebuloso che se abbiamo fortuna si riuscirà a recuperare a giugno tre punti percentuali, concludendo il secondo trimestre negativo tra il 6,5% e il 9%.
Nel terzo trimestre, comunque, mancherà il turismo straniero, la gente in vacanza sarà in prevalenza domestica e riferita ai dipendenti pubblici, non toccati dalla crisi, i privati saranno dubitativi fino all’ultimo, il crollo della propensione al consumo ha azzerato la domanda e più aumenta il grado di incertezza del futuro, più aumenta la preoccupazione e la ricerca della liquidità. Le città d’arte languiranno e così molte mete turistiche di richiamo, si salveranno i campeggi mordi e fuggi. Con queste presupposti, il Pil del terzo trimestre avrà ancora una contrazione negativa di un altro 1% o 2%, consegnando all’Italia, alla vigilia dell’autunno, una dote di caduta del Pil tra il 12,8% e il 16,3%.
Il decreto rilancio è ingessato con una nota tragica, avendo 90 decreti attuativi e regolamenti da emanare per rendere fattibili le disposizioni quadro. Forse a settembre saranno ancora in gestazione e i soldi europei sono ancora lontani e vincolati a un futuro programmatico, denso di regole e impegni. Le imprese del nord hanno riaperto e stanno portando avanti il portafoglio ordini e le commesse in corso. È vero, stanno producendo, ma la nostra industria è vocata all’export, il vero galleggiante italiano. Basti pensare che nel 2019 il saldo netto della nostra bilancia commerciale ha raggiunto il record storico di 53 miliardi di euro, una marea di denaro che ha alimentato la crescita interna e i consumi.
L’incognita, oltre al problema dello stimolo per la ripartenza della domanda interna, è la domanda estera: non è detto che riparta dalla Cina o dagli States per agroalimentare e lusso, mentre la meccanica, in filiera con l’automotive tedesco, è vulnerabile. Il crollo del mercato auto è all’orizzonte e così il rischio occupazionale e reddituale del Paese. Gli Stati Uniti negli ultimi 30 giorni hanno avuto un’ulteriore contrazione, sono completamente bloccati dall’emergenza sanitaria ed economica e da un campagna politica aggressiva dovuta ai conflitti per la questione razziale. Non vi è una leadership rassicurante e il Paese è diviso con pesi e contrappesi da parte dell’opposizione democratica con il rischio di bloccare tutto fino alle elezioni di novembre.
Se l’economia ripartisse Trump ne avrebbe vantaggio, se rimane incerta Trump verrebbe probabilmente sconfitto, ma gli effetti economici si rifletteranno sui paesi esportatori, Italia compresa. Questa variabile, potrebbe modificare anche le previsioni più negative della Banca d’Italia, che aveva indicato nella relazione finale del Governatore del 29 maggio scorso una caduta del Pil del 13% a fine anno, dopo il rimbalzo dell’ultimo trimestre: se questo non avvenisse la perdita sarà confermata, e come già descritto anche superiore.
Il Governo aveva pensato di istituire un esercito di pretoriani assoldati fra le fila dei disoccupati, oggi a libro paga con il reddito di cittadinanza e di emergenza, quali controllori zeloti dell’ortodossia delle mascherine e del distanziamento, nessuna conversione nel lavoro in agricoltura, destinato forse agli ultimi extracomunitari soggetti alla nuova regolarizzazione. Poi l’idea è tramontata così com’è nata, per cercare il consenso si faranno i concorsi pubblici per i professori di ruolo, nonostante il nuovo record del crollo della natalità.
Interventi di sussidio e di garanzia pubblica, nessuna politica industriale all’orizzonte. Forse questa carenza di idee ha alimentato l’ultima boutade rassicurante, la convocazione degli Stati generali dell’economia. Giorni di confronto fra Governo e parti sociali per la rinascita del Paese, quando ancora oggi le imprese non hanno ricevuto i finanziamenti bancari promessi e la cassa integrazione non è ancora stata compiutamente erogata a tutti gli aventi diritto. Se va avanti così l’autunno sarà molto caldo, soprattutto al nord, ma anche al sud, quando non vi saranno più entrate tributarie e finiranno i soldi.
Non rimarrà quindi che prenderne atto, istituire un Governo di emergenza di natura tecnica e procedere con un prestito forzoso irredimibile, unica vera soluzione. Già se ne parla nelle trasmissioni televisive, non da ultimo martedì sera a Carta Bianca, un Cacciari lucidissimo, Cassandra critica del Governo, anticipando un baratro autunnale, ha predetto una necessaria patrimoniale.
Che fare quindi? Inizierei a consigliare la lettura di un libretto scritto dall’economista Carlo Maria Cipolla, “Vele e Cannoni”. Racconta la storia della navigazione rinascimentale del Mediterraneo e dell’Atlantico, nonché l’evoluzione delle armi da fuoco. Ai tempi, l’Italia era prima al mondo nella metallurgia, basta ricordare il baldacchino del Bernini e le sue colonne torve, eccelleva perché da sempre fondeva le campane in bronzo, ognuna aveva il suo nome e il suo suono. I primi cannoni seguirono lo schema, erano uno diverso dall’altro, ma necessitavano anche di palle diverse, cosicché se un cannone finiva le munizioni era inservibile, non poteva usare quelle degli altri. L’Italia così divisa perse la sfida tecnologica, l’individualismo e il protagonismo non si conciliano con il gioco di squadra, i cannoni tutti uguali e semplici degli inglesi erano tecnologicamente superiori e consegnarono il dominio mondiale alla corona britannica.
Solo l’industria, la tecnologia e la sua eccellenza competitiva determina il benessere di una nazione, senza di essa e la sua salvaguardia i decreti rilancio e i proclami sono solo parole d’autunno sugli alberi le foglie.