Sonia Bracciale, condannata a 21 anni di reclusione come mandante dell’omicidio del marito Dino Reatti, si è lasciata intervistare da Franca Leosini per Storie Maledette. «Neanche Pirandello avrebbe saputo inventarla una storia così. Ci sarebbe riuscito forse Hitchcock con quei suoi personaggi che non sono mai quello che sembrano, che non fanno mai quello che dicono di avere fatto», dice la conduttrice presentando il caso. La donna ha parlato anche della sua vita in carcere. «Io mi sono ritrovata qui pensando di essere in un monastero. Quando vidi l’assistente non guardai la divisa, non sapevo neanche di essere in un carcere». E quindi sulla sua quotidianità ha aggiunto: «Nel carcere della Dozza si fanno tante cose, io lavoro e trovo molta gentilezza e cortesia. Ora studio giurisprudenza e vorrei diventare avvocato penalista. Credo ancora nella giustizia». Poi a sorpresa ha indicato: «Ho trovato una famiglia qui dentro e voglio uscirne senza permessi premio o liberazione anticipata. Voglio uscirne assolta. Non so chi e cosa troverò fuori». Allora Franca Leosini ha replicato: «In oltre venti anni di Storie maledette non mi è mai accaduto che una persone che vive in detenzione non voglia uscire. Lei per me è un caso unico, sorprendente». (agg. di Silvana Palazzo)
Sonia Bracciale a Storie Maledette
La vita di Sonia Bracciale e di Dino Reatti si incrocia molto prima di quel terribile 2012 in cui la donna ha ordinato l’omicidio del marito. Un passato fatto di tradimenti, botte e tanti debiti quello della Bracciale, che dalla rabbia aveva denunciato più volte la vittima alle autorità. Il suo tentativo era di buttarlo fuori dalla casa ad Anzola Emilia, in provincia di Bologna, dove convivevano da separati ormai da tempo. Oggi, domenica 14 giugno 2020, Storie Maledette approfondirà il caso e ci parlerà di Sonia Bracciale, di come ha chiesto ai complici Giuseppe Trombetta e all’amante Thomas Sanna di fare irruzione nella loro abitazione e uccidere Reatti a colpi di sprangate. Tutto è successo attorno all’una di notte fra il 7 e l’8 giugno di quell’anno: la lotta fra la vittima ed i due aguzzini non ha lasciato scampo all’uomo, che sebbene di stazza importante, non è riuscito a sopravvivere. “Covava rancore per il marito e voleva fargliela pagare, ci ha detto lei di dargli una lezione”, hanno detto in seguito i due complici alle forze dell’ordine. La Bracciale avrebbe detto persino loro di colpire il marito sulla gamba destra, il suo punto debole.
Sonia Bracciale, la condanna a 12 anni e due mesi di carcere
Sonia Bracciale ha ricevuto la condanna definitiva per la morte del marito Dino Reatti: il suo omicidio le costerà 18 anni e due mesi di carcere, una sentenza definitiva. Una breve riduzione della pena iniziale di 21 anni e due mesi assegnata durante la prima fase del processo. “Avevo amato quell’uomo, non volevo gli fosse fatto del male”, ha detto a Storie Maledette. Per questo la Corte d’Assise ha riconosciuto alla donna il concorso anomalo: la dinamica dei fatti sarebbe andata in modo diverso rispetto alle sue intenzioni e a quanto richiesto ai due complici Giuseppe Trombetta e Thomas Sanna. Sono stati proprio loro, riferisce Il Corriere di Bologna, a confessare il delitto alle autorità, appena un giorno dopo la tragedia. Già in quel momento la pm Rossella Poggioli non aveva avuto alcun dubbio sul fatto che la Bracciale avesse organizzato l’omicidio con il compagno Sanna. Merito anche delle denunce fatte dalla donna in passato e nonostante fosse in attesa di separarsi dal marito. Si sapeva persino che la Bracciale avesse un nuovo compagno e che provava un forte rancore nei confronti di Reatti per via dei troppi debiti contratti.