La notizia del superamento dello spread ellenico nei nostri confronti è passata sottotraccia. Facendo una ricerca sia nell’infinito universo internet che nel più circoscritto mondo dell’aggiornamento finanziario, il dato (a nostro sfavore) non ha destato alcun rilievo tra i numerosi osservatori. Pochi, pochissimi, hanno riportato l’accaduto che, in altri tempi, avrebbe rappresentato “la notizia” del giorno. Nel nostro caso, su queste pagine, prima abbiamo anticipato il possibile evento, e dopo ne abbiamo doverosamente evidenziato la rilevanza economica/finanziaria. Non si tratta di un plauso narcisistico, ma un atto dovuto nei confronti del lettore e, soprattutto, nel rispetto della sempre più difficile informazione finanziaria.
Al pari di questa vicenda, vogliamo soffermare l’attenzione su un nuovo e potenziale tema che potrebbe sfuggire (ancora) ai cronisti. In Europa, c’è una nazione che non vive un buon momento: la Spagna. La pandemia ha certamente influito sull’intera economia mondiale, ma, guardando oltre il breve termine, i vari organismi internazionali sembrano accomunare le loro stime posizionando – quasi sempre – il destino di questo Paese tra gli ultimi posti. Le prime avvisaglie erano già riconducibili a maggio scorso: analizzando il documento sulle “Previsioni economiche di primavera 2020” della Commissione Ue, i dati, sempre e solo i dati, ponevano interrogativi sull’entità della ripresa dell’economia iberica.
Di pochi giorni fa sono invece le prospettive (e i dati) Ocse: nel rapporto si vede una Spagna in ultima posizione sia in termini di crescita del Pil (qualora dovesse concretizzarsi una seconda ondata di contagi) che in prospettiva occupazionale.
Per quest’ultima, scorrendo i vari scenari proposti (ben otto), il Paese guidato da Pedro Sànchez, “primeggia” tra le nazioni che saranno più colpite. Secondo le ultime rilevazioni dell’Ine (Instituto Nacional de Estadìstica), la disoccupazione – al primo trimestre 2020 – è a quota 14,41% ovvero in netta crescita se confrontata con il 13,8% dell’ultimo dato del 2019: con la recente introduzione del “Reddito Minimo Vitale”, l’esecutivo spagnolo appare intenzionato a sostenere l’intera nazione maggiormente in ottica futura che rispetto all’immediato presente.
Altro dato iberico che desta preoccupazione: i prezzi delle abitazioni sono in discesa. Osservando la serie storica, anche nel corso del 2020, il trend continua a essere ribassista e la flessione dello 0,80% del primo trimestre (rispetto alle rilevazioni di fine anno 2019), nonostante la sua apparente modesta entità, rappresenta un passo indietro che non si verificava negli ultimi quattro anni.
Non può, e non deve mancare, il versante finanziario sintetizzato dall’andamento dello spread nei confronti del decennale tedesco: dai massimi (151,90) dello scorso aprile, oggi si attesta in area 100 punti base. Raffrontando questo andamento con il differenziale del nostro Bel Paese, la correlazione tra i due, è priva di ogni qualsiasi dubbio ovvero due entità sostanzialmente identiche anche se di ammontare diverso.
Contrazione del Pil, disoccupazione, e mercato immobiliare ci riportano alla crisi del 2008 e ai successivi anni. Come allora, questi stessi elementi, si ripresentano. Ovviamente, il corso della storia finanziaria ha stimolato nuove forme di intervento a supporto di inaspettati worst cases, ma il ricordo è fisiologico.
Tornando all’attualità, l’unico fattore che allevia (momentaneamente) un possibile stato di tensione giunge da Fitch: la recente conferma del proprio giudizio “A-” e il suo outlook “stabile” nei confronti del Paese iberico posticipa eventuali ripercussioni al Vecchio continente. Come spiegato dall’agenzia di rating in una nota, la decisione «riflette la relativa resilienza finanziaria ed esterna allo shock del coronavirus» (fonte Agi).
Confidando nella resilienza altrui, monitoriamo i prossimi (auspicabili) sviluppi.