Questo Paese ha la memoria corta e non sappiamo quale sarà l’eredità di Vittorio Gassman, queste sono le parole che più toccano il cuore di chi ha amato il grande artista di cui oggi Paola Gassman, la figlia, ha voluto fare un ritratto inedito rivelando i dettagli e i sentimenti di un uomo fragile che lontano dal palco temeva la morte e il suo essere “finito”. In un lunga intervista rilasciata a Il Giorno, l’attrice racconta il vero volto del Mattatore, comprese paure e fragilità che, a suo dire, nascondeva dietro una maschera di spavalderia, quella che lui mostrava al suo pubblico salvo poi regalare tutto se stesso nella recitazione: “Un uomo fragile e introverso che si era costruito una maschera per trasformare la sua timidezza in euforia. Era voluto diventare un altro. E questa modifica del carattere lo aveva portato alla depressione che si era andata via via aggravando con gli anni”.
UN RACCONTO INEDITO DI VITTORIO GASSMAN FATTO DALLA FIGLIA PAOLA
I fantasmi del passato, la paura della morte, tutto questo era Vittorio Gassman o, almeno, anche questo, l’uomo privato che in pochi hanno conosciuto e che adesso la figlia Paola, 74 anni, racconta della sua vita insieme a lui, del suo primo ricordo di un padre famoso e ingombrante ma anche dei litigi e delle vedute un po’ diverse: “Spesso litigavamo: io condividevo la mentalità di mamma che aveva un concetto intellettuale della professione mentre papà era più propenso al successo e, perché no, al divismo. Mia madre è morta presto e io mi sono sentita molto più amica che figlia di mio padre”. Nonostante tutto sembra che lui non abbia mai fermato la sua voglia di fare l’attrice e proprio da attrice rivela il suo “personaggio” preferito: “Credo che ‘Il sorpasso’ sia sorprendente ma vedo sempre papà con grande commozione in film come ‘C’eravamo tanto amati’ e ‘La famiglia’”. E infine, una condivisione importante in Paola Gassman ammette i problemi che hanno travolto il padre e, quindi, di riflesso la famiglia: “La depressione, causata anche da una forma grave di sonnambulismo, è diventata nel tempo sempre meno gestibile. A un certo punto avevamo quasi eliminato le parole per instaurare una sorta di gestualità dolce, quasi materna. Negli ultimi mesi aveva paura della morte, cercava Dio. Mi facevano tenerezza le sue paure in un corpo ancora così imponente”.