“Non riesco a respirare”. Prima che George Floyd fosse soffocato a Minneapolis, la stessa violenza omicida aveva provocato migliaia di vittime. Perché adesso le proteste contro il razzismo hanno preso maggior forza? Perché reclamano giustamente l’eguaglianza per i neri e decapitano statue per odio verso il passato? Perché le cose sono andate troppo oltre, perché il movimento Black Lives Matter si sta organizzando da anni, perché la miopia di Trump ha complicato tutto. E forse perché queste quattro parole “non riesco a respirare” esprimono un disincanto, una sensazione di angoscia, di paura che vanno molto oltre la lotta in favore dei neri.
Non riesco a respirare con la mascherina, non riesco a respirare chiuso in casa, non riesco a respirare perché ho dovuto cessare la mia attività, non riesco a respirare perché non ho risposte né compagnia per affrontare la morte e la malattia. Le proteste negli Stati Uniti, uno dei Paesi occidentali che hanno più sofferto le conseguenze del Covid-19, possono rappresentare il primo manifestarsi del malessere che attraversa il pianeta. Il virus originato in Cina (per quanto ci dicano che ora vi è tornato con il salmone europeo) si starebbe manifestando negli Stati Uniti.
L’irritazione, le proteste, il distacco verso le istituzioni possono aumentare. Almeno questo è ciò che ha denunciato Angela Merkel la scorsa settimana nel discorso sulla prossima presidenza tedesca dell’Ue. La Cancelliera, pensando a ciò che sta succedendo nel suo Paese e nel resto del mondo, ha evidenziato la presenza di forze antidemocratiche, radicali e autoritarie pronte ad approfittare della crisi del Covid-19. E ha riaffermato il ruolo dell’Europa nel proteggere la dignità dell’uomo, la democrazia e la libertà. Malgrado tutti i suoi errori, la tedesca, che sta per uscire dalla scena, è la persone che più si avvicina a un leader con una visione, come quelli che abbiamo avuto in passato.
Il disagio è forte in Spagna e in Italia, ora che sono finite le misure eccezionali e si fanno i bilanci. Il sondaggio di Kantar per il Parlamento europeo rivela che il 63% degli spagnoli boccia le politiche del suo Governo, la percentuale in Italia è del 43%. Gli italiani, però, sono in testa per la critica all’Unione europea: sono soddisfatti del comportamento dell’Ue solo il 16% degli italiani contro il 19% degli spagnoli, qualcosa di sorprendente in un Paese tra i più europeisti. L’irritazione e la rabbia non sono solo verso le istituzioni. Altre indagini (GAD 3) indicano come il numero degli spagnoli scontenti sia aumentato, oltre la metà degli intervistati, come quanti si sentono depressi sono, che ora sono più di un terzo. Gli stati d’animo peggioreranno, perché il peggio deve ancora arrivare, come annunciato dalla Bce: l’autunno sarà molto duro.
Una situazione che manda all’aria tutti i postulati politici, sociali ed economici vigenti. Dopo la crisi del 2008 abbiamo dovuto dimenticarci le formule degli anni ’90 del secolo scorso: allora, in nome della sussidiarietà (il valido principio che pone in primo piano l’iniziativa sociale e quella privata), era normale criticare lo statalismo. Adesso è necessario ripensare tutto e non valgono le ricette che abbiamo imparato, né le vecchie dottrine. La rilevanza della società civile non può essere un principio che si ripete in forma astratta: se esiste, e sappiamo che esiste, deve essere evidenziata e sostenuta.
Gli esempi di cambiamento nella propria struttura mentale si stanno moltiplicando. Kristalina Georgieva, la direttrice del Fondo monetario internazionale, l’organizzazione che ha sempre difeso l’austerità, ha destato sorpresa qualche giorno fa dicendo: “Il mio messaggio è: spendere, spendere, spendere. Per favore, per quanto possibile, si tenga conto che non possiamo sopravvivere senza crescita o impegno”. Dopo, quando sarà possibile, si faranno i tagli. Gli imprenditori spagnoli, così timorosi e restii a un governo di coalizione tra i socialisti e i radicali di Podemos, hanno lasciato da parte le critiche per chiedere accordi a tutti i partiti. Ciò che serve è l’attenzione alle necessità concrete, più che alle strutture ideologiche, e l’evidenziazione delle risposte positive che funzionano o che hanno funzionato. A livello macro come a quello micro. La politica monetaria espansiva della Bce ha frenato la crisi da debito ed è necessario che non venga sospesa. L’energia sociale si è manifestata in mille iniziative del Terzo Settore, che è necessario vengano sostenute. La rabbia e il malessere esistevano già prima della pandemia, avevamo già il sovranismo, il populismo, il Regno Unito aveva votato per la Brexit, gli Stati Uniti avevano già un Presidente protezionista. Come dice Martin Wolf, editorialista del Financial Times, per questo adesso “abbiamo bisogno di una risposta ambiziosa e comune”.
Anche se spagnoli e italiani sono arrabbiati con l’Ue, devono riconoscere che il Recovery fund parte da ciò che è necessario e indica soluzioni molto concrete. Per questo è una rivoluzione, anche se occorre concretizzare i dettagli. I Paesi “frugali”, con in testa l’Olanda, tenteranno di aumentare il controllo sugli aiuti, però il solo fatto che esista il Fondo da 750 miliardi di euro (in gran parte per Spagna e Italia) è un grande passo in avanti. Avremo una politica comune sociale e di crescita, da sempre sostenuta dal Sud e contrastata dai “frugali”. Ci saranno aiuti che non saranno divisi secondo il peso dei membri dell’Ue, ma in base a come ha colpito la pandemia. Risposte comuni non basate su postulati e principi che non reggono più, ma su esperienze positive.