Impicca il suo cane al parco «perché era diventato ingestibile», ma prima di riuscire a segare il cadavere viene scoperto. L’orrore è andato in scena a Roma, nel pomeriggio di venerdì. Un agente di polizia penitenziaria, libero dal servizio, stava passeggiando col suo cane nel parco di via Lodigiani quando ha fatto la macabra scoperta. Ha notato un uomo sollevare una corda, appesa ad un albero. Poi ha visto ciondolare a sei metri di altezza il cane, quindi ha iniziato a correre nel disperato tentativo di salvare l’animale, ha urlato al 66enne della provincia di Oristano, ma residente a Roma, di fermarsi mostrando il tesserino, ma si è sentito rispondere che il cane era ormai morto. Prima di scappare con una sega in mano, con la quale forse voleva disfarsi del corpo del cane, ha spiegato velocemente: «Era troppo pericoloso, bisognava liberarsene». Nel frattempo, il poliziotto ha chiamato il 112 riuscendo a intravedere l’auto a bordo della quale l’uomo saliva, dove lo aspettavano due donne, poi denunciate per favoreggiamento in concorso e resistenza. L’uomo è riuscito ad annotare la targa e a consegnarla ai poliziotti arrivati sul posto, permettendo quindi l’identificazione dell’uomo.
ROMA, IMPICCA CANE AL PARCO “ERA INGESTIBILE”
Così è stata rintracciata la proprietaria del mezzo, che ha dichiarato di aver lasciato l’auto all’uomo. Quest’ultimo è stato quindi rintracciato e denunciato per uccisione di animale, resistenza e minacce a pubblico ufficiale. Quando gli hanno chiesto il motivo di quel terribile gesto all’interno del Parco dell’Aniene, a Casal de’ Pazzi, ha spiegato che il cane era un trovatello adottato 8 anni fa e che era diventato ingestibile. La sera prima di ucciderlo aveva morso la mano alla padrona, quindi aveva deciso di liberarsene. L’Oipa Italia intanto ha fatto sapere che interverrà come parte attiva nel procedimento penale: depositerà denuncia e si costituirà parte civile nel processo contro l’uomo. E ricorda che l’uccisione di animali è reato art. 544 bis del Codice penale per il quale si rischia il carcere da 4 mesi a 2 anni. «Una sofferenza inaudita subita da un essere senziente che non si può accettare e che chiede giustizia. Per questo procederemo in sede giudiziaria», dichiara Massimo Comparotto, presidente di Oipa Italia.