Elemento imprescindibile della cultura spagnola o barbaro spettacolo di crudeltà gratuita? Da anni la corrida fa discutere animalisti che vorrebbero preservare i tori dalle sofferenze cui vengono sottoposti per soddisfare gli appetiti dal pubblico pagante e coloro che invece intendono preservare questa tradizione millenaria. Soltanto lo scoppio della pandemia di coronavirus ha messo in crisi il settore e il motivo sembra facile da intuire: col turismo sospeso e la paura del contagio nessuno penserebbe mai, oggi, di riunire in un’arena migliaia di persone per assistere alla corrida. Ciò che non tutti sanno, però, è che il sostentamento di questa pratica così discutibile viene garantito non solo dalle istituzioni spagnole ma anche dai contribuenti italiani. Come? Attraverso la PAC, politica agricola comune.
CORRIDA, MASSACRO DEL TORO FINANZIATO CON SOLDI ITALIANI?
La politica agricola comune è una delle politiche comunitarie di maggiore importanza, dal momento che impegna circa il 39% del bilancio dell’Unione europea. Mediante queste tasse anche i cittadini italiani contribuiscono a supportare la corrida. Ma i contribuenti sanno in cosa consiste di preciso questo spettacolo? Giulia Innocenzi de Le Iene ne ha parlato con Marta Esteban di Animal Guardians: “I tori? Gli mettono un arpione di 9 centimetri prima di entrare. Esce e così è già sulla difensiva. Questo perché il toro non attacca, è un erbivoro che vuole mangiare. Sennò farebbe così (si guarda intorno, ndr): ‘Dov’è la mia famiglia?’. Poi arriva il cavallo del picador che inserisce una lancia di legno anche trenta centimetri dentro l’animale, con all’estremità una punta affilata nei muscoli dei tori, dietro la croce, così la testa è sempre bassa visto che hanno rotto tutti i muscoli e produce emorragie diffuse”. Ma non è finita qui: “Su queste ferite si mettono le banderillas, arpioni da 6 centimetri, puoi immaginare il dolore, e rimangono conficcati così muovono i muscoli e producono ancora più sanguinamento”. La fase finale, quella più celebre del mantello rosso, serve a far muovere l’animale “finché non è totalmente esaurito fisicamente e mentalmente”. Ma il colpo di grazia, quello finale, è quello inferto con la spada che “tra la prima e la seconda vertebra cervicale taglia il midollo spinale”, facendo cadere per terra il toro che morirà in una lenta agonia di 1-3 minuti. Gli italiani sono disposti a continuare a finanziare questa pratica?