Gli Stati Generali dell’Economia sono usciti da un deludente anonimato solo quando personaggi-chiave della stessa Azienda-Italia li hanno apertamente contestati, pur con l’ obbligo di galateo istituzionale ad aderire all’invito di Palazzo Chigi.
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, appena seduto al tavolo di Villa Pamphili ha sollecitato il Governo a onorare urgentemente 3,4 miliardi di debiti della Pa verso le imprese. La replica del premier Giuseppe Conte è stata un imbarazzato invito a “volare più alto”. Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, non ha nascosto il suo disagio di dover rileggere nel giro di pochi giorni le sue preoccupate Considerazioni finali. Per l’esecutivo, ha lasciato chiaramente capire, non è più tempo di considerazioni né iniziali né finali: è invece tempo di agire. L’ultima sera Conte ha tentato di recuperare all’evento un minimo di peso mediatico con un “ballon d’essai” sul taglio temporaneo dell’Iva. Il suo stesso ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha fatto subito sapere che avrebbe preferito non sentirne neppure parlare.
Paragonati al Festival di Sanremo per aver frammischiato personaggi dello spettacolo ai leader dei grandi corpi intermedi dell’Azienda-Paese, gli Stati Generali sono parsi fin dapprincipio un surreale Aventino del governo in carica nei confronti del proprio Paese. Un “ritirata” un po’ diversa, tuttavia, da quello che quasi un secolo fa vide l’opposizione al premier Mussolini abbandonare il Parlamento: con molta enfasi polemica, ma con esiti fallimentari. Nel 2020 le Camere sembrano per alcuni versi “sorde” come quelle che il Duce riuscì poi a chiudere per un ventennio. Ma il Premier odierno sembra tutt’altro che intenzionato a occupare il Parlamento repubblicano, anzi.
È stato lui, stavolta, a rifugiarsi su un colle della capitale, il Gianicolo. È stato Conte a immaginare di costruirsi una personale “Camera” fuori da quelle vere, contando di poter meglio dialogare con i partiti e le categorie economiche e sociali (dimenticando comunque che la Costituzione già contempla il Cnel come “terza Camera”di confronto su “economia e lavoro”). Non troppo diversamente dal “clima anni Venti”, il premier ha d’altronde fortemente limitato la visibilità alla stampa di quello che era stato annunciato come il laboratorio della Ricostruzione.
Non è escluso che il Governo contasse di poter presentare nella cornice degli Stati Generali una prima intesa in sede Ue sul Recovery Fund. Ma Conte è tornato dal vertice di Bruxelles non solo a mani vuote: ha reso altresì visibile la totale evanescenza di ogni pretesa strategica sulle vie della Ricostruzione. Il Governo italiano ha evidentemente la pura e semplice attesa “assistenzialistica” degli aiuti Ue come unica linea di politica economica (mentre la maggioranza non riesce a superare divisioni e ambiguità sul ricorso al Mes).
Gli esiti degli Stati Generali hanno quindi mancato anche gli obiettivi di chi li ha convocati: mascherare il vuoto di azione di governo, affastellando alla rinfusa “slides” e “papers” dei corpi intermedi. Fra questi è finito anche il lavoro di Vittorio Colao: che – su raccomandazione del Quirinale – era stato incaricato già due mesi fa di elaborare linee strategiche per la Fase 3. Colao il suo “compito a casa” lo ha fatto e consegnato nei tempi fissati. Il Governo continua non fare nulla e a perdere tempo prezioso.