Un “Great lockdown” che in due anni potrebbe costare più di 12mila miliardi di dollari, con una contrazione attesa del commercio mondiale pari al 12%. E’ il conto salato che la pandemia potrebbe presentare alle economie mondiali. A calcolarlo è stato il Fondo monetario internazionale, che ha rivisto al ribasso le stime sul Pil globale 2020 e 2021. Per quest’anno la previsione passa dal -3% indicato ad aprile (e dal +3,3% ipotizzato a gennaio) al -4,9%, mentre l’anno prossimo il Pil dovrebbe rimbalzare del 5,4% (dal +5,8%). L’effetto maggiore sarà sentito dai soggetti a basso reddito, a tal punto che il faticoso percorso iniziato dagli anni Novanta per ridurre le disparità economiche è stato praticamente cancellato. Non solo: in tutto il mondo sono attesi incrementi del debito e del deficit pubblici. In questo quadro complessivamente negativo, cosa dobbiamo aspettarci, soprattutto in Italia, dai mercati finanziari? Ne abbiamo parlato con Alessandro Magagnoli, analista tecnico e co-fondatore di Financial Trend Analysis (Ftaonline).
A livello globale, quali misure sono state adottate per contrastare la crisi da Covid-19?
Nel complesso le misure sono salite a giugno a 11mila miliardi di dollari dagli 8mila di aprile, 5.400 dei quali derivanti da maggiore spesa pubblica e minori entrate fiscali, i restanti da misure a sostegno della liquidità. Tradotto in termini di Pil, gli interventi dei paesi del G20 equivalgono al 6%.
Basteranno?
Il rischio di una futura ulteriore revisione al ribasso delle stime, a meno della comparsa di una cura efficace o di un vaccino, resta alto. E il ricorso a nuovi lockdown potrebbe non solo far rallentare ulteriormente l’attività economica, ma anche far precipitare le economie più deboli in una crisi del debito.
Come stanno reagendo le Borse e i mercati finanziari?
Non va sottovalutato il rischio derivante dai recenti rialzi dei mercati finanziari, completamente scollegati dall’economia reale, che con il loro comportamento potrebbero far aumentare la possibilità che le condizioni finanziarie si possano restringere in futuro più di quanto ipotizzato.
Tutte le maggiori economie stanno facendo i conti con i colpi inferti dalla pandemia. Quanto potrebbe essere pesante alla fine il 2020 per l’economia italiana?
Il ministro Gualtieri mantiene la stima del -8%, l’Ocse nel suo recente Economic Outlook ha previsto una contrazione dell’11,3% nel 2020 ma con il rischio di un -14% nelo scenario peggiore, ovvero nel caso in cui l’epidemia riprendesse vigore. Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, si aspetta un calo del Pil del 9% circa, che avrebbe potuto arrivare all’11% senza il sostegno alla domanda fornito dalle politiche di bilancio già implementate. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Fitch e Confindustria.
Scenari che non lasciano margini di speranza, non crede?
Il Centro Studi Confindustria ha stilato due liste. In quella degli elementi positivi inserisce le “buone notizie dal credito in aumento” e in quella dei punti negativi cita “la ripartenza difficile e fragile per l’industria e i servizi, con poca fiducia per consumi e investimenti, senza considerare l’export e il turismo in rosso e le ore lavorate in caduta”.
L’Italia sta affrontando l’emergenza Covid-19 soprattutto emettendo più debito. E’ un grosso problema?
Secondo una ricerca di Moody’s, l’Italia è in buona compagnia. Il balzo del debito pubblico sarà particolarmente elevato anche in Canada, Francia, Giappone, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti, ma per molti di questi paesi l’elevato livello di accessibilità del debito potrebbe limitare le implicazioni sui rating.
Per noi è diverso?
Sì. Sull’Italia già pesano i rating pericolosamente bassi delle maggiori agenzie: BBB di S&P’s, Baa3 di Moody’s, BBB- di Fitch e BBB- di Dagong. Quindi l’aumento del debito di per sé è solo una parte del potenziale problema, a pesare di più sui conti sono gli oneri del debito, che ci costringono a pagare tassi di interesse maggiori, come mostra il valore dello spread BTp-Bund. Difficilmente verrà effettuata una revisione in miglioramento dei rating italiani, dal momento che a deteriorarsi saranno con buona probabilità anche i rapporti deficit/Pil e debito/Pil.
Come sta andando lo spread?
Seppure in crescita, lo spread, che fornisce un’idea del costo al quale è sottoposto il nostro paese per sostenere il debito, si è ridimensionato nella prima parte del mese di giugno, portandosi in area 180 punti base dai 223 medi di maggio per effetto di una riduzione del rendimento del BTp, sceso all’1,43% medio da 1,73%, e di un aumento di quello del Bund, che resta comunque negativo. Ma Confindustria avverte che “il trend discendente che osserviamo ora non può essere considerato ormai acquisito”.
Proviamo a guardare avanti osservando il grafico del BTp future. Che cosa ci mostra?
Il proseguimento del trend rialzista delle quotazioni del future, iniziato con i minimi del 22 aprile a 130,86 euro, sarebbe un indizio importante in favore di un ulteriore allentamento delle tensioni riguardanti l’Italia, ricordando che a un rialzo delle quotazioni di un bond corrisponde un calo dei rendimenti. Il primo muro contro il quale si confrontano i prezzi sul grafico “adjusted” – il grafico viene ricalcolato quando cambia il benchmark di riferimento per evitare di avere una serie storica con dei gap non rilevanti, in pratica si tratta di un aggiustamento simile a quello utilizzato sui grafici delle azioni che sono soggette ad accorpamenti o a operazioni sul capitale particolarmente rilevanti – è quello dei 144 euro, area di massimi a fine marzo, il cui superamento dovrebbe permettere al BTp di tornare sui massimi storici di area 147,40/147,60 già toccati a settembre 2019 e a febbraio 2020.
Il superamento dei massimi storici sarebbe dunque un bel segnale di distensione?
Certo, e avrebbe con buona probabilità un notevole impatto positivo anche sulla Borsa. La violazione del supporto di area 139, al contrario, sarebbe da leggere come un primo indizio di un nuovo acuirsi delle tensioni nei confronti dell’Italia, con probabili ripercussioni negative anche sulle azioni. Il grafico storico dei rendimenti del decennale fornisce un primo supporto rilevante all’1,225%, poi all’1,08%, quota al di sotto della quale i rendimenti potrebbero puntare ai minimi di febbraio allo 0,855%. Sopra area 1,60% ci sarebbe invece il rischio di una risalita verso il 2%.
Passando all’indice Ftse Mib, qual è il sentiment di Piazza Affari?
I livelli cruciali da monitorare sono la resistenza dei 21.150/21.300 punti, 61,8% di ritracciamento del ribasso dal top di febbraio e lato alto del canale crescente che parte dai minimi di marzo, e il supporto a 18.000, base del citato canale.
Perché sono importanti?
Un canale è uno spazio del grafico compreso tra due linee parallele che identificano per un certo periodo una tendenza, rialzista, ribassista o laterale. Il superamento del lato alto di un canale crescente fornisce un’idea di un’accelerazione della tendenza in atto, quindi di un suo rafforzamento che di norma è un ottimo indizio in favore del suo proseguimento anche nel medio periodo. La violazione della base del canale indica invece il termine della fase rialzista e anticipa molto spesso il ritorno almeno sul punto di partenza del canale stesso, in questo caso quindi i minimi di marzo a 14.153 punti.
(Marco Biscella)