Meno tasse per chi?

I dati dei redditi dichiarati dagli italiani per il 2018 hanno rivelato chi sono i contribuenti. Sulle tasse il governo è chiamato ad alcune correzioni di rotta

I dati dei redditi dichiarati dagli italiani per il 2018 hanno rivelato chi sono i contribuenti: i lavoratori dipendenti ed i pensionati versano l’82,5% dell’Irpef netta. In particolare dei 21,2 milioni di lavoratori dipendenti 4,2 milioni non versano imposte e 16 milioni versano una Irpef di 5.300 euro mentre 3,1 milioni di pensionati non versano imposta e 10,4 milioni versano una Irpef netta di 4.360 euro.

Dal lato delle partite Iva le dichiarazioni mostrano che dei 554mila professionisti (non forfetari) 60mila non versano imposta e 494mila versano una Irpef media di 18.630 (circa tre volte quella dei lavoratori dipendenti). Gli imprenditori individuali (non forfetari) versano una Irpef netta media di euro 6.990 (simile ma comunque più alta di quella versata dai lavoratori dipendenti), mentre i collaboratori, i soci e gli associati delle imprese familiari, delle società di persone e delle associazioni professionali versano una Irpef netta media di euro 9.040 (quasi doppia a quella dei lavoratori dipendenti).

I dati 2019 se da un lato sfatano il luogo comune secondo il quale l’Irpef viene pagata esclusivamente dai lavoratori dipendenti e dai pensionati, dall’altro conferma il divario Nord-Sud. L’analisi territoriale conferma un reddito medio più alto del doppio in Lombardia e nella Provincia Autonoma di Bolzano rispetto a quello della Calabria.

In queste ore il ministro Gualtieri commentando le novità che da luglio debutteranno nelle buste paga degli italiani, ha rivendicato la scelta di aver ridotto le tasse a 16 milioni di lavoratori. In particolare 11 milioni di essi al posto dei vecchi “80 euro” si troveranno in tasca 100 euro. Si tratta di una estensione dell’ex bonus-Renzi, che inizialmente prevedeva un contributo di 80 euro per i redditi fino a 24mila euro, incapienti esclusi, con un decalage nella fascia tra 24 e 26mila euro. Il nuovo provvedimento estende il bonus di 100 euro per tutti fino a 28mila euro e introduce un aumento della detrazione per i redditi tra i 28mila e i 40mila euro.

Del “bonus Gualtieri” beneficeranno anche i lavoratori del settore pubblico grazie ad una norma di salvaguardia che consente di aggiungere i 100 euro all’aumento salariale di 85 euro varato in sede di ricontrattazione.

È possibile trarre un’altra conclusione. Gli interventi in favore dei lavoratori dipendenti sono validi fino a revoca e a carico della fiscalità generale, mentre sono temporanei quelli varati per il resto del mondo produttivo. Emerge chiaramente un diverso trattamento che solo negli “annunci” pare troverà soluzione a settembre.

La pandemia ha quindi confermato che alcune categorie godono di diritti acquisiti ai quali va dato il giusto valore, ma ci ha anche fatto capire che è giunto il momento di affrontare l’incertezza che accompagna il lavoro dipendente privato e la gran parte dei lavoratori autonomi, e i rischi che corrono questi lavoratori impegnati sul fronte della sicurezza e della cura della persona.

Sulla base di queste premesse chi deve affrontare il tema della riforma fiscale deve adottare provvedimenti che portino all’equità e non l’uguaglianza. La risposta non può essere solo una menzione, che peraltro va richiesta, per chi ha continuato a pagare le imposte in questo periodo o una pacca sulla spalla a medici e forze dell’ordine che durante il lockdown hanno lavorato esponendosi ai rischi di contagio dal Covid-19. Come ha ricordato di recente il sindaco di Milano, Sala, alcuni settori della pubblica amministrazione lavorano ancora in modalità smart da casa.

La riforma fiscale quindi deve tutelare le famiglie mono-reddito, le famiglie con figli, le categorie reddituali esposte più di altre ai cicli delle congiunture economiche. Le nuove curve dell’Irpef devono essere differenziate e specifiche per chi è stato accontentato con il bonus da 600 euro e con la Cig.

Queste categorie oggi, in piena “fase 3”, non hanno una visione favorevole del futuro. Il crollo del Pil previsto non promette nulla di buono e ad oggi manca una visione di lungo periodo.

Anche il Sud merita provvedimenti ad hoc. Lo sviluppo del Meridione rappresenta un’opportunità come lo saranno i paesi del Commonwealth per la Gran Bretagna dopo la Brexit. I provvedimenti per il Sud dovranno essere a tempo per non scadere nell’assistenzialismo. Mentre sono auspicabili seri programmi infrastrutturali che riducano le differenze.

Alla fine di ogni anno scolastico si aveva il timore di essere rimandati a settembre. Il Governo, evidentemente complice anche la scuola ancora chiusa, si è rimandato a settembre da solo e ora non ci resta che aspettare gli esami di riparazione.

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