Le proiezioni del Fmi per l’Italia sono da brivido: Pil 2020 a meno 12,8% e recupero sotto la metà nel 2021. Altri dati mostrano una ripresa forte in parecchi settori mentre confermano la crisi prolungata di altri. Pertanto la giusta formula di politica economica dovrebbe essere: a) facilitare chi va bene affinché corra di più e traini l’indotto di riferimento; b) fornire un “finanziamento ponte”, con una parte prevalente a perdere, ai settori che resteranno bloccati per mesi; c) attivare stimoli fiscali temporanei d’eccezione per dare una spinta immediata ai consumi; d) attivare subito i cantieri dei lavori pubblici già approvati e generarne di nuovi adeguati al momento, eliminando ogni procedura burocratica che li rallenti.
Tale formula trainerebbe anche gli investimenti privati. Per esempio, se un’azienda di costruzioni sa che a settembre, per dire, sarà ingaggiata in un cantiere non trasformerà i lavoratori oggi in cassa integrazione in licenziamenti e questi a loro volta libereranno parte del risparmio precauzionale per acquistare un’auto o un frigo. Se poi a questi beni fosse tolta l’Iva per un semestre e ai rivenditori una parte del carico fiscale 2020-21, la dinamizzazione della ripresa sarebbe formidabile.
Da un lato, il danno al Pil 2020 è già stato fatto e il perdurare del contagio nel globo ridurrà sia l’export, sia i flussi di persone per 8-10 mesi. Dall’altro, le Banche centrali stanno fornendo tutta la liquidità che serve, anche comprando debiti statali e trattenendoli nel loro bilancio per ridurne il costo e l’impatto, “sterilizzandoli”, permettendo agli Stati di aumentare il debito in sicurezza, azione d’emergenza concessa dalla Commissione europea.
Quanto ne servirebbe all’talia? Dai 120 ai 140 miliardi nei prossimi 18 mesi. Se allocati come indicato nella formula porterebbero il calo del Pil 2020 a circa meno 6-7% e il suo recupero quasi completo nel 2021.
Perché il Governo non applica questa formula, o simile, perdendo tempo in azioni confuse? Un motivo, visibile, è il non aver separato interventi d’emergenza immediati e piani lunghi di sviluppo a danno della tempestività dei primi. Altri motivi sono incomprensibili, probabilmente politichesi, per esempio il rinvio di decisioni per utilità politica, e fanno temere lo scenario peggiore per malgoverno e non per situazioni ingestibili.