A ricordare Vittorio Gassman, a 20 anni esatti dalla sua morte, è oggi anche Emanuele Salce, che con il mattatore visse gli anni della giovinezza da quando sua madre si innamorò del grande regista. Oggi 53enne, Emanuele nacque dall’unione tra Diletta D’Andrea con il regista Luciano Salce, morto nel 1989. Quando però sua madre si innamorò di Gassman, Emanuele si trasferì nella casa del regista, condividendo la quotidianità con i primi figli biologici di Vittorio, ovvero Paola, Vittoria, Alessandro. “Ci siamo odiati, ignorati, amati”, ha sostenuto in una intervista a Il Messaggero. Emanuele ha ripercorso quella parentesi importante della sua vita, raccontando la sua vita con Gassman. “Quando mamma andò a vivere con lui, nel 1968, avevo due anni e sono rimasto con loro fino ai 19”, ha ricordato. In quel periodo Vittorio era all’apice del suo successo e tutti lo adoravano. “Il mio rapporto con il compagno di mia madre è stato difficile: lui nel privato era un uomo complesso, più a suo agio sulle assi del teatro che sui pavimenti di casa”, ha rivelato. Ovviamente questo ha avuto anche una forte influenza sulla loro convivenza: “Vittorio vedeva in me un rivale che gli contendeva l’amore di mia madre. In qualche modo mi temeva, perché non concepiva che lei potesse riversare dei sentimenti forti sia su di lui sia su di me”, ha rivelato ancora. Emanuele, ha spiegato, ha vissuto una sorta di “infanzia randagia”, diviso tra casa Gassman, casa Salce, il collegio e sua nonna. I due si ritrovarono solo da adulti.
EMANUELE SALCE E IL SUO RAPPORTO CON VITTORIO GASSMAN
Emanuele Salce e Vittorio Gassman si riappacificarono solo da adulti. Il primo ha spiegato come avvenne: “Lui mi chiamò: Sono Gassman, hai due ore nella tua agenda per vedermi?. Parlammo, ci spiegammo. Mi chiese scusa: già in preda alla depressione, era diventato fragile, abitato dai sensi di colpa”. Solo dopo che il suo mito si andò sgretolando, Gassman accettò di essere imperfetto. “Conoscevamo Gassman, la malattia ci ha restituito Vittorio”, ha commentato Salce. Il perdono è arrivato in un attimo, racconta, “ed è stato molto bello”. “Avevo avuto la sindrome di Stoccolma, era il mio amato carnefice. E un debito di affetto negato, così sono passato all’incasso: negli ultimi anni Vittorio mi ha voluto accanto a lui, l’ho seguito nel lavoro, gli facevo da assistente-confidente”, ha confidato. Dopo quella loro riappacificazione, finalmente i due si ritrovarono: “Sono stati anni bellissimi, all’insegna della grande sincerità: lui, sempre restio ai contatti fisici, da me si faceva abbracciare”. Oggi Emanuele rammenta con estremo piacere la grande ironia del genio di Vittorio. “Vittorio era stato il mio nemico, in tarda età è diventato amico e compagno”, dice. Vittorio, ha infine rivelato, anche quando intraprese una relazione con sua madre, ex dell’amico Luciano, non chiuse l’amicizia con lui: “Sono rimasti fino all’ultimo avversari di gran classe, quella che entrambi possedevano in abbondanza”.