1° luglio 2020, il giorno dopo l’entrata in vigore: la legge sulla sicurezza a Hong Kong, approvata dal Parlamento cinese, ha già prodotto i primi arresti di manifestanti nella ex colonia inglese. Come ci spiega in questa intervista Francesco Sisci, sinologo e giornalista, ex corrispondente de La Stampa a Pechino, già editorialista de Il Sole 24 Ore, “si è trattato di una provocazione da parte di un manifestante, che ha voluto vedere come le autorità avrebbero agito una volta sceso in strada con la bandiera dell’Indipendenza per Hong Kong. Ed è stato subito arrestato”. Nel frattempo, aggiunge Sisci, due gruppi di portaerei americane sono entrate nel Mar Cinese Meridionale, una coincidenza non casuale, cui ha fatto seguito un’esercitazione della marina militare cinese nella stessa zona. Anche questo è un modo per vedere come le due forze armate possano reagire in caso di provocazione o di possibile frizione.
Portaerei americane nel Mar Cinese Meridionale proprio in coincidenza con l’entrata in vigore della nuova legge sulla sicurezza a Hong Kong. Solo una coincidenza?
Non credo, sembra più un voler sottolineare la disapprovazione americana su quanto sta succedendo. Qualche giorno fa il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha fatto una dichiarazione molto dura, affermando che il problema non è la Cina o il popolo cinese, ma il partito comunista. In ogni caso la Cina ha annunciato esercitazioni navali nel Mar Cinese Meridionale e ha richiesto a tutte le marine di altri paesi di tenersi alla larga.
Gli americani si terranno alla larga?
Difficile. Possibile che le due marine comincino a prender reciprocamente le misure e che si rischi qualche frizione. Potrebbe esserci l’interesse a vedere cosa fa e come si comporta l’altro in un momento di tensione.
Intanto è stato arrestato il primo manifestante di Hong Kong nel giorno, il 30 giugno, in cui la legge sulla sicurezza entrava in vigore. Una provocazione?
Oppure è un atto dimostrativo. Nel momento in cui esci con una bandiera che dice Hong Kong indipendente, lo fai per vedere come reagiscono le autorità, la polizia. Un momento forse in cui le due parti cominciano a prender le misure tra loro. La Cina, probabilmente per fissare subito il limite, arresta il giovane con la bandiera, facendo capire che non saranno tollerate le manifestazioni indipendentiste, e per mettere in guardia la popolazione che fra qualche giorno dovrebbe partecipare a nuove manifestazioni: saranno tanti, saranno pochi? saranno pacifici, saranno violenti? Insieme alle esercitazioni navali, aiuterà a capire come si muoverà la Cina.
Come mai il giovane leader delle manifestazioni Joshua Wong ha sciolto il partito?
Perché ha detto che teme che il suo partito venga considerato illegale, in quanto favorevole all’indipendenza.
Parlamentari bipartisan americani propongono una legge che dia lo status di rifugiati a chi viene perseguitato. Un nuovo braccio di ferro con Pechino?
Ci sono già varie iniziative. La Gran Bretagna propone a circa 3 milioni di cittadini della ex colonia, quasi la metà degli abitanti di Hong Kong, di concedere loro il beneficio di ottenere il passaporto britannico. C’è anche una iniziativa di Taiwan per accogliere eventuali profughi e poi quella americana. Ma se la situazione dovesse degenerare, quello dei profughi sarebbe l’ultimo problema. Hong Kong è la miccia di un qualcosa di più importante che rischia di esplodere. Hong Kong non è una questione isolata, è parte di un gioco più complesso. Sia gli americani che i cinesi oggi non sembrano intenzionati a cedere un centimetro.