MINNEAPOLIS – Immagino che sia un certo livello di incoscienza a permetterci di portare avanti le nostre cose, giorno dopo giorno, senza apparentemente preoccuparci più di un tanto della realtà dei fatti. Qual è la realtà dei fatti? La realtà dei fatti è che il coronavirus si sta masticando gli Stati Uniti d’America con una progressione così rapida da far paura. A tutti meno quelli che continuano a non crederci.
Abbiamo cominciato a “riaprire” e la situazione è presto finita “out of control”. Ma nel bel mezzo di questa pandemia rampante ci siamo così abituati a sentirci dire tutto e il contrario di tutto, e ci siamo così stancati di questa vita che sembra non essere vita, da finire per ristagnare in una specie di torpore assente. Ci sono gli ottimisti, ci sono i pessimisti, ma quel che li accomuna è una sorta di fatalismo mai visto nella storia di questo paese: “andrà tutto bene” o “siamo sull’orlo del precipizio” sono entrambi motori immobili.
È anche vero che circostanze come le attuali non si erano mai verificate e che di presidenti come Donald Trump non ne avevamo mai avuti, ma veramente sembra di essere nel bel mezzo della dylaniana “Like a Rolling Stone”… “With no direction home…”, senza una direzione. Non c’è leadership, non c’è guida e in questa situazione così drammatica lo spirito libertario-individualista e l’americanissima repulsione verso lo Stato rendono invisibile, non percepibile e quindi inconcepibile qualunque prospettiva di “bene comune”, non-immaginabile qualunque azione diretta verso quel che chiamiamo “bene comune”.
Proprio per questo occorrerebbe una voce autorevole capace di offrire un’ipotesi di affronto dei problemi che prenda (almeno tentativamente!) in considerazione tutto e tutti. Ma non c’è.
Obiettivamente, in questo momento, la nostra struttura di federazione non sta reggendo alla prova del coronavirus. Che ogni governatore faccia e dica quel che crede – o quel che fa finta di credere – dicendo sciocchezze e falsità offre terreno fertile al virus respiratorio e a quello altrettanto malvagio della divisione e dell’inimicizia. L’Amministrazione latita. C’è voluto un virus più prepotente di Donald Trump, c’è voluto un mistero “unforeseen and unforeseeable”, imprevisto ed imprevedibile, per mettere in ginocchio questa Amministrazione.
Se si votasse oggi Trump non avrebbe scampo. Non certo per i meriti di Joe Biden (sempre “assente” e privo di energia) o dei democratici nel loro insieme, ma semplicemente per l’incapacità e l’inadeguatezza del Presidente, rese ancora più insopportabili condite come sono da ostentata presunzione. Perché nessuno ha mai chiesto, nessuno chiederebbe mai al Presidente di far sparire il virus con una magia, ma di perseguire una risposta seria e decisa in unità con tutto il paese, sì!
Trump è il Presidente, il paese lo ha scelto e fino a novembre ce lo teniamo. Ma non credo proprio che possano ricrearsi le condizioni del perfect storm che lo portò alla Casa Bianca quattro anni fa. Rispondere all’emergenza attuale come sta facendo lui – ovvero sparando (a casaccio) in tutt’altra direzione, per esempio su Obamacare e immigrazione – allontana in maniera definitiva dal Presidente “l’America di mezzo”, quella moderata, quella che fa la differenza quando si vota.
Lo sanno anche i Repubblicani, quantomeno quelli che hanno occhi per vedere e orecchie per intendere, ma cosa possono fare? Chiedere a Trump di non ricandidarsi?
God Bless America!