Il ministro dello Sviluppo economico Patuanelli ieri spiegava di attendersi dai nuovi vertici di Alitalia “che venga implementato rapidamente un piano industriale credibile, di rilancio della nostra compagnia, che parte con una dotazione importante e con un Governo che crede molto in questo percorso”. La compagnia area non fa utili da due decenni ed è costata ai contribuenti tanti miliardi di euro. eppure lo Stato italiano continua a insistere per salvarla. C’è una questione sicuramente di posti di lavoro, ma evidentemente ci deve essere qualcosa di più se i governi di ogni ordine e grado hanno deciso di “investire” in una compagnia area. Facciamo presente che in Europa, da Gran Bretagna Francia e Germania in giù, in molti si sono, più o meno, tenuti una compagnia di bandiera.
Ieri un imprenditore privato che si è fatto avanti per Alitalia, German Efromovich, in un’intervista al Sole 24 Ore ha dato alcuni spunti molto interessanti per la discussione. Efromovich ha dimostrato di aver capito perfettamente quali siano i problemi dell’Italia e quelli della compagnia.
Il problema dell’Italia non è che Alitalia sia pubblica piuttosto che privata; “il Governo dovrebbe venderla imponendo solo due obblighi al compratore: mantenere il nome e avere l’hub nel principale aeroporto italiano”. L’Italia ha certamente ogni interesse a fare in modo che il Paese abbia il più alto numero possibile di voli diretti verso le principali destinazioni e questo può avvenire solo se c’è una compagnia area che ha l’hub in Italia. L’handicap anche e soprattutto dal punto di vista turistico di essere obbligati a fare uno scalo per arrivare in Italia è enorme.
Allo stesso modo un “hub” porta molto business all’area su cui insiste. “Ogni compagnia europea se comprasse Alitalia avrebbe un conflitto d’interesse. Preferirebbe portare voli intercontinentali sul proprio hub anziché a Fiumicino”. Questo è il “problema” dell’Italia. Efromovich lo esplicita pensando, forse ingenuamente, di dimostrare al Paese di aver capito perfettamente quale sia il suo interesse candidandosi a soddisfarlo.
C’è un secondo spunto con cui Efromovich dimostra di aver capito il problema “economico” di Alitalia. Spiega infatti di essere stato messo all’angolo perché “Delta ha messo un veto su di noi. Perché avrei rinegoziato gli accordi sui voli transatlantici, molto vantaggiosi per Delta e Air France, ma non per Alitalia”. Questa è la ragione strutturale per cui nessuno è riuscito a far smettere ad Alitalia di perdere soldi e per cui lo Stato italiano ha continuato, continua e continuerà a buttare soldi in un pozzo senza fondo. Se non si ha il coraggio di ridiscutere gli accordi sui voli transatlantici facendosi tanti nemici in Francia, Alitalia non farà mai né un euro, né una lira di guadagno. Le compagnie di bandiera vivono di e sui voli intercontinentali e sono in perdita sui voli europei schiacciate dall’impossibile competizione delle low cost e dalla concorrenza dell’alta velocità.
Lo Stato italiano ha degli interessi legittimi sulla compagnia di bandiera che potrebbero essere soddisfatti anche da un privato purché gli sia concesso di litigare con Delta e soprattutto con i francesi di Air France. Altrimenti è solo un’altra perdita miliardaria con cui si finanzia indirettamente il sistema Paese francese. Tutto a carico dei contribuenti italiani. Di Efromovich non sappiamo nulla; da ieri almeno sappiamo che sa perfettamente quali siano i termini della questione.