Come vi abbiamo raccontato ieri, Silvia “Aisha” Romano è intervenuta dopo mesi dalla sua liberazione con la prima intervista pubblica sul quotidiano online filo-Islam “La Luce” raccontando la sua esperienza di conversione durante il sequestro in Kenya nelle mani del gruppo terrorista degli Al Shabaab: ecco che il giornalista Renato Farina su Libero Quotidiano oggi riflette sulle parole dette da Silvia, in particolare sui passaggi in cui i suoi stessi carnefici non vengono particolarmente “attaccati” e dove elogia il velo come massimo «simbolo di libertà per le donne». Secondo l’ex parlamentare ci sono momenti in cui è impossibile non provare compassione per la giovane donna tornata in Italia dopo anni di dramma vissuto, ma non è questo il punto della lunga intervista di Silvia Romano: «C’è qualcosa però di angosciante, e che non è possibile tacere. Il rapimento infatti è trattato come un fatto provvidenziale per la sua conversione all’islam. C’è un giustificazionismo dell’orrore che arriva persino a farle sentire l’abominio da lei subito come un giusto castigo per la sua miscredenza», scrive Farina contestando duramente le parole dette da Silvia Romano a Davide Piccardo, portavoce del coordinamento delle moschee di Milano e Brianza. Il sequestro di Silvia Romano, secondo Farina, è l’esempio di un annichilamento totale mentre da lei viene vissuto come «un’opera voluta da Allah per spingerla a ravvedersi».
AISHA E LA “TESTIMONIAL” DELL’ISLAM
Silvia “Aisha” ha poi ricordato la sura del Corano in cui si legge «O Profeta, di’ ai prigionieri che so- no nelle vostre mani: – Se Dio ravvisa un bene nei cuori vostri, vi darà più di quello che vi è stato preso e vi perdonerà -. Dio è perdonatore misericordioso»: ecco, per Farina questo esempio è inquietante perché di fatto ribalta la realtà avvenuta per affermarne un’altra, di completa dedizione alla nuova fede imbracciata. «Non è che lei perdona i rapitori, no, è lei ad essere perdonata, è lei che da, proprio in quanto prigioniera, ottiene la misericordia si converte. Che razza di operazione di ribaltamento della realtà».
Il problema del male resta il punto nodale dell’intera “vicenda” conversione, con Farina che aggiunge «Il male è il male. L’unico qui che viene riconosciuto come tale dalla Ro- mano consiste nella sua vita precedente in quanto tale, lei era incarnazione del peccato dell’Occidente. I cristiani? Mai nominati». Il giornalista si chiede provocatoriamente se sia giusta reazione alla persecuzione inflitta dall’Occidente contro l’Islam il rapire giovani ragazze e venderle poi per denaro ad un gruppo di terroristi, e infine aggiunge che l’intera intervista è in realtà molto probabilmente opera di «raffinata propaganda, perfettamente organizzata dall’autore, Davide Piccardo, spregiudicato e abile sostenitore dei Fratelli musulmani e “manus longa” degli interessi ideologici e strategici di Erdogan in Italia e nel mondo islamico».
Farina riporta che il direttore de “La Luce” è in realtà apice “mediatica” del Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano) ed è molto considerato dalla realtà filo-arabe della sinistra italiana e milanese: «Piccardo è allievo prediletto in Italia di Tariq Ramadan, l’intellettuale svizzero di origine egiziana che predica per vie morbide e sinuose la progressiva islamizzazione dell’Occidente». Silvia rimane dunque “vittima” di questa operazione e per Farina non resta che un breve ma amaro post scriptum finale: «Mi ero ripromesso di non disturbare più Silvia Aisha. Ha diritto alla sua pacifica privatezza. Ma quando si accetta di diventare testimonial di una propaganda menzognera, al di là della buona fede della Romano che nessuno può giudicare, allora ciao».