Rita Pavone di nuovo protagonista in tv con “Techetechetè”, che nella puntata di oggi va in onda con “Andrà tutto bene” di Giulio Calcinari. Spazio dunque ad una donna simbolo della resilienza, che ha vissuto tante vita in una. «Ho anche fatto tante scelte rischiose di cui non mi sono mai pentita», ha dichiarato nei giorni scorsi a Radio Radio. L’artista è convinta che nella vita bisogna cercare di essere se stessi e che bisogna ritrovarsi attorno le persone davvero importanti. Lei dunque è convinta di aver raggiunto questo nient’affatto scontato obiettivo: «Io intorno ho una bella famiglia, due figli meravigliosi, un marito che un po’ rompe ma è simpatico». Merito anche del fatto che ha imparato a vivere le cose in un modo particolare: «Quando ho soddisfazioni reagisco con gioia, quando ho dei malesseri reagisco con fermezza, è da lì che viene la resilienza, non mi faccio mai abbattere». Nel corso dell’intervista con l’emittente radiofonica ha anche parlato della sua “lontananza” dalla tv: «Io non ho più fatto televisione perché ero scontenta di fare cose che non sentivo più. Inutile che mi guardo indietro, so cosa ho fatto, ma vorrei sapere cosa riuscirei a fare. Sono una donna che sogna».
RITA PAVONE E LA RESILIENZA “VUOL DIRE VIVERE LOTTANDO”
In quell’occasione Rita Pavone è tornata a parlare della canzone che suo figlio Giorgio le ha scritto per l’ultima edizione del Festival di Sanremo, “Niente (Resilienza 74)”. «Scrive delle cose bellissime ed era da tanto tempo che io lo tampinavo, gli dicevo di scrivermi qualcosa. Finalmente si è deciso, l’anno scorso mi ha dato questo brano e subito l’ho sentito parte di me». Ma si è rivelata una canzone in grado di rappresentare tante persone. «“Niente” è quello che ti accade a volte nella vita. Non succede niente. Non fare nulla a volte è resilienza. La resilienza appartiene a tutti, è vivere la vita lottando contro qualcosa». E lei ha voluto raccontarla come meglio sa fare, in musica: «Io mi sono detta bisogna cadere per forza su un’isola per far vedere quello che hai da dire? Perché è un mondo cambiato quello di oggi. Un mondo che a volte ti lascia un po’ basita». Ai microfoni di DiLei invece ha fatto un salto nel passato per ricordare la Rita Pavone degli anni ’60. «Io all’epoca vivevo un grande sogno e come tutti i ragazzi godevo di quel momento, cercando di prendere il più possibile e non guardarmi troppo attorno».
RITA PAVONE “NON CONOSCO DROGA E ALCOL”
Senza mai esagerare. Rita Pavone racconta di aver lavorato sempre serenamente. «Non conosco la droga, non conosco l’alcol». A spingerla solo l’amore per la musica e l’affetto della gente. «Se non sei in grado di affrontare il pubblico, è meglio cambiare mestiere», ha raccontato nei giorni scorsi a DiLei. E col passare del tempo non ha mai perso la voglia di rimettersi in gioco, questo del resto è uno dei motivi della sua lunga carriera. Lo ha fatto anche a Sanremo. «Se fossi andata in qualità di ospite, avrei già vinto la battaglia in partenza. Con un repertorio come il mio, non ci sarebbe stata gara. Ma io non volevo ricevere un’ovazione per quello che già avevo fatto, sono convinta di avere ancora molte cose da dire». Rita Pavone non vuole guardare indietro, perché conosce il suo passato, lo ha vissuto, invece vuole vedere ciò che ha davanti. «Mettermi in gioco è vitale per me e non mi fa dare nulla per scontato: voglio far vedere che esisto, come voce e come presenza». E l’età non conta: «Lo stato anagrafico serve per i documenti, ma non per valutare cosa una persona ha ancora da dare. Ci sono tanti ragazzi che a vent’anni sono dei morti viventi, eppure sono giovani».