Sono un essere umano e, in quanto tale, vittima consapevole delle proprie debolezze. Mi scuserete, quindi, se sto godendomi questo momento paradossalmente così drammatico per il Paese. Intendiamoci, il mio non è sadismo. Perché quel sentimento implicherebbe l’ipotesi di uno sviluppo inaspettato e tragico per l’Italia che io auspichi, cosa distante anni luce dalla mia volontà: qui vivo, lavoro, pago le tasse. Sarei masochista, più che sadico. State tranquilli da quel punto di vista: in realtà, è tutto pre-ordinato, è il più classico dei redde rationem. A meno che qualche genio non decida di voler combattere la sua personalissima battaglia con finalità meramente elettorale, scegliendo di sua sponte per il Paese la via eroica della bella morte. Pensateci, provate a rifletterci su, in attesa che questa settimana porti con sé le prime risposte concrete, fra board della Bce e vertice europeo sul Recovery fund. Tutto in 48 ore, come nel film con Eddie Murphy e Nick Nolte.
Vi chiederete, quindi, perché sto godendomi il momento. Semplice, perché mai in 47 anni di vita e 25 di giornalismo avevo assistito a una caduta di massa e una conseguente sparizione collettiva di soloni di questa magnitudo. Erano ovunque, pronti a pontificare e vendere le loro ricette salvifiche per il Paese. Ora fanno capolino ogni tanto per cercare rabberciate scuse alle loro teorie risultate – ovviamente – fallaci. Magra soddisfazione, lo ammetto. Ma si sa, nella vita occorre sapersi accontentare. E a volte, quindi, aiuta il morale assistere ai tripli salti mortali carpiati di chi aveva già pronto il tweet per festeggiare il successo autarchico – e in tal senso, quasi bipartisan nell’implicita negazione del nostro commissariamento de facto da parte della Bce – del Btp Futura e ora invece deve attaccarsi alle eccessive tecnicalità dell’emissione per non ammettere ciò che in realtà è noto a tutti. Ovvero, gli stessi italiani che alcuni leader vorrebbero salvatori della loro Patria attraverso l’utilizzo del risparmio privato, hanno risposto all’appello del Tesoro con un gesto dell’ombrello degno di Alberto Sordi.
Partendo da questo presupposto, perché dovrebbero comprare il nostro debito investitori stranieri, almeno fino a quando proprio la Bce ci garantirà l’esenzione dalla corresponsione di un adeguato premio di rischio? Eh l’Europa, così matrigna e contemporaneamente così esiziale per non finire come nel 2011. O peggio. Avete sentito, poi, quegli screanzati di leader “frugali”, quali appunti si sono permessi di avanzare, quasi come conditio sine qua non, al fine di dare il loro via libera a un Recovery Fund da 750 miliardi che garantisca ampio margine di fondo perduto agli stanziamenti per l’Italia? Il premier olandese Rutte si è permesso addirittura di far notare come sarebbe carino eliminare quella insostenibile, inutile, controproducente e propagandistica marchetta elettorale che è Quota 100. E Kurz, il Cancelliere austriaco? Ancora peggio, roba da far accapponare la pelle e riflettere seriamente sulla convocazione dell’Ambasciatore di Vienna alla Farnesina. Si è addirittura concesso la libertà di dire che, se si arrivasse a un esborso record di fondi europei per l’Italia, forse non sarebbe un segnale di responsabilità destinarne subito una parte al bonus vacanze. Ma come si permettono? Ma siamo pazzi?
Signori, ironia a parte, Rutte e Kurz hanno soltanto detto la verità. Può essere sgradevole, far male, risultare indigeribile. Forse l’hanno fatto con un tono un po’ sprezzante e l’indisponente nasino all’insù del primo della classe. Ma non cambia il senso. Hanno ragione. E la conferma implicita di questo è stata data proprio dal risultato dell’emissione del Btp Futura, cartina di tornasole di quanta fiducia i cittadini abbiano nelle ricette per la ripresa di questo governo. E vi assicuro che rispondere – come hanno già fatto in molti – agitando il drappo pret-a-portér del regime fiscale olandese che si impone come dumping non serve a rendere meno reali quelle critiche, quegli appunti. Non fosse altro perché, se alcune delle principali aziende del tuo Paese di quel regime fiscale praticamente off-shore ne usufruiscono, tramite spostamento di sedi, quantomeno sarebbe il caso di porsi delle domande. Ma non basta. Negli ultimi anni, se non decenni, quanti fondi europei abbiamo perso e ceduto ad altri Stati, perché incapaci di investirli nei tempi che ci erano stati concessi? E dei pochi utilizzati, quanti sono andati a finanziare fondamentali corsi per estetiste, fiere dell’asparago, feste patronali o convention sul terrapiattismo attraverso la formula del patrocinio istituzionale? Tanti. Troppi. Quasi tutti, almeno in alcune aree del Paese.
E quando dico che mi sto divertendo è perché in questi tempi così drammatici, ma anche così unici, accendendo la televisione troviamo conduttori simbolicamente imbandierati nel tricolore e intenti a difendere l’onor patrio dai maledetti “frugali” e dalla famelica Germania. Salvo, poi, fermarci, fare mente locale e ricordarci che alcuni sono gli stessi che hanno costruito la loro carriera pubblicando dieci libri all’anno dedicati proprio alle varie “sprecopoli” e simili. Insomma, prima ci hanno marciato, denunciando con postura da indignato speciale tutti gli italici vizi. Ora, invece, negano o quasi difendono quegli stessi vizi, quando a farli notare e a chiederne la redenzione sono i partner europei, pena porre il veto verso ennesimi stanziamenti di denaro a babbo morto.
Strano Paese, davvero ci vorrebbe un altro Ennio Flaiano per raccontarlo degnamente. Ora, poi, la polemica delle polemiche è dedicata all’allarmismo costituzionale legato al possibile prolungamento dello stato di emergenza da Covid fino al 31 dicembre o fino al 31 ottobre, come emerso nelle ultime ore in ossequio all’ennesima, patetica mossa di mediazione. L’opposizione pare compatta: non serve, Giuseppe Conte lo fa solo per evitare che si vada al voto politico in autunno. E, magari, se scoppiasse qualche focolaio più serio dopo le vacanze estive, per rinviare anche le regionali in programma a fine settembre, così da evitare una debacle ai Cinque Stelle. Qualcuno, più originale, evoca addirittura scenari orwelliano-distopici di sospensione della democrazia. In attesa che salti fuori chi vaticina i carri armati nelle strade stile Santiago nel 1973, mi permetto di rassicurarvi: a Giuseppe Conte non interessa nulla del voto, né tantomeno culla tentazioni da golpe Borghese 2.0. Non è per questo che è intenzionato a prolungare di altri sei mesi (o tre) lo stato di emergenza in scadenza. Se lo fa, è solo perché quella mossa è prodromica all’attivazione del Mes, il quale infatti vede i 37 miliardi pronta cassa a disposizione dell’Italia legati statutariamente alle spese sanitarie. Dirette e indirette. E con lo stato di emergenza prolungato, di fatto il Governo comunica implicitamente a tutti il rischio reale che una seconda ondata o un diffondersi di focolai epidemici di maggiore entità possa palesarsi da qui a fine anno. Mette le mani avanti. E fatto questo, si prepara a utilizzare qualsiasi segnale clinico o epidemiologico di allarme che giunga dal territorio – in tal senso, l’esercito variegato di tele-virologi e Commissioni governative garantisce materiale quotidiano – per imporre investimenti sanitari preventivi, al fine di evitare nuove situazioni di emergenza come quelle vissute in primavera in Veneto, Lombardia, Emilia e Piemonte.
Et voilà, di fronte a una destinazione d’uso di tale valenza civile e collettiva, chi avrebbe il coraggio di opporre anche solo un bah? Anche perché, cari lettori, il magro incasso del Btp Futura non permette di rendere immediatamente operativa la sua finalità reale. Che non è quella di finanziare la ripresa (con 6 miliardi, la vedo davvero dura), bensì quella di saldare prima delle ferie di agosto la Cig arretrata e, magari, mettere qualche briciola davvero nel bonus vacanza, visto che a oggi è strutturato come un farsesca e offensiva applicazione alberghiera del credito d’imposta. E il settore, a corto com’è di liquidità, ha ovviamente risposto picche in massa, quando si è visto proporre un’anticipazione dell’80% del contributo, a fronte di scadenze fiscali rimandate solo a settembre.
Mancano i soldi, ve lo dico dall’inizio. E mancano ovunque, per tutto. Sembrano quelle scenette delle comiche di Stanlio e Ollio in cui la vasca da bagno comincia a zampillare acqua da cento buchi, impossibili da tappare tutti con lo strofinaccio. Pensate che la notizia dell’incontro fra Mario Draghi e il ministro Di Maio, scena degna del bar di Guerre stellari per la sua visionaria appartenenza alla categoria della realtà, sia stata fatta filtrare all’ADN Kronos per caso o per errore? È un segnale, chiaro. Giuseppe Conte sa che dirà addio a palazzo Chigi, anche se ottenesse tutto il fondo perduto possibile all’interno del futuro Recovery fund. In primis, proprio perché sarà costretto ad attivare il Mes, la lettera scarlatta che mezzo M5S aspetta per staccare la spina, prima di precipitare del tutto verso percentuali di consenso da prefisso telefonico (milanese, oltretutto) e subire l’onta di un testa a testa demoscopico con il nuovo movimento per l’Italexit dell’espulso Gianluigi Paragone. Magari finirà paracadutato in Europa, esilio dorato e decisamente nobile per l’avvocato del popolo che ama i palcoscenici internazionali e le photo opportunities. Ma anche l’opposizione, quella che strepita ed evoca scenari golpistici nascosti dietro le mascherine chirurgiche, sa benissimo che il voto politico anticipato non ci sarà. Chiedere a Silvio Berlusconi per referenze. E se per caso dovessero crearsi i presupposti per la sua convocazione potenziale, ovvero l’addio anticipato del premier o la mancanza della fiducia di una delle componenti di maggioranza, state certi che ci penserà Mr. Spread a mettere chi di dovere a palazzo Chigi, in nome dell’emergenza e della governabilità.
Se ancora non volete accettarlo, è il caso che vi mettiate l’animo in pace. Perché in ballo c’è la tenuta stessa dell’Unione europea, schiacciata com’è fra Usa e Cina che non aspettano altro che una crisi sistemica disordinata per banchettare con i prelibati resti del principale mercato al mondo. Se all’Italia questa ipotesi non fa paura, non possiamo certo pensare che Germania, Francia e Paesi del Nord la pensino allo stesso modo. E che restino immobili e silenti a guardarci agitare una spada di plastica di fronte a chi sta caricando un bazooka. E prendendo la mira.
P.S.: Non avevo bisogno di conferme alla mia tesi, ma la giornata di ieri ne ha fornite parecchie. A partire dal nulla di fatto che Giuseppe Conte ha incassato a Berlino, in visita da Angela Merkel. La quale ha svolto al meglio il ruolo di padrona di casa, elogiando ritualmente l’Italia per la sua disciplina, ma evitando di creare false speranze: nemmeno poggiate le terga sugli scranni del vertice Ue, la Cancelliera ha già rimandato a un altro meeting di fine estate una possibile soluzione di compromesso sul Recovery fund. Il cappio si fa sempre più stretto. E siccome Giuseppe Conte lo sapeva prima ancora di salire sulla scaletta dell’aereo, casualmente ha pensato bene di giocare la carta della demagogia più bassa e pericolosa, rilasciando interviste con il ciclostile contro Atlantia e i Benetton, tramutatesi in un -15% a Piazza Affari per la holding cui fa capo Autostrade per l’Italia. Avessimo un organismo di controllo dei mercati in questo Paese, forse si configurerebbero i profili per una disputa di quelle serie. Ma si sa, la Consob è un pensatoio della politeia in cui si mettono a punto i dettagli dei Matusalemme bond che salveranno il Paese.
Ed ecco la conferma: sapendo di aver perso totalmente la partita europea (e la poltrona di palazzo Chigi, a breve), il primo ministro ha forzato il piede sull’acceleratore del populismo più bieco ed economicamente suicida. Nemmeno a dirlo, mandando in estasi mistica i Cinque Stelle. I quali, a fronte della testa d’alce dei Benetton che potranno appendere al muro della loro miseria politica, certificata dai sondaggi sempre più inclementi, vedrete che accetteranno l’attivazione del Mes, accampando chissà quale lisergica giustificazione in nome del popolo. Atlantia si è tramutata nel mitico poco di zucchero che fa andare giù la pillola del Mes. Con buona pace per quel 41% di detentori di titoli Atlantia che fa capo, tra gli altri, a investitori individuali e fondi pensioni, totalmente scevri da responsabilità per i poveri morti del Ponte Morandi. Ma che ne pagheranno il prezzo, comunque. Complimenti, davvero un capolavoro.