Il giornalismo americano fa i conti con se stesso e con l’eterna diatriba sul “politicamente corretto” e negli ultimi giorni a far rumore sono state le dimissioni di Bari Weiss e Andrew Sullivan, due nomi che fino a poco tempo fa non avrebbero detto molto dalle nostre parti ma che Oltreoceano sono diventati oramai simbolo del dibattito sulla cosiddetta “cancel culture”: come è noto, i due giornalisti rispettivamente del New York Times e del New York Magazine hanno rassegnato le proprie dimissioni a seguito della pubblicazione sull’Harper’s Magazine di una lettera (sottoscritta da 150 intellettuali tra cui la stessa Weiss) in cui si denunciava quella che a loro dire è “la dittatura del politically correct”. Bari Weiss, redattrice e opinionista di punta del NYT, si è scagliata contro il quotidiano per cui lavorava dal 2017 sostenendo di non poter più esprimere liberamente il proprio pensiero e, da apprezzata polemista quale è ritenuta, ha definito con sarcasmo Twitter quale “il vero direttore del New York Times”. A suo dire sarebbero diventate insostenibili le pressioni di social media mentre la redazione oramai non darebbe più spazio alle voci alternative, censurando in pratica tutto ciò che per i lettori possa essere poco rassicurante. “L’autocensura è diventata la nostra norma” ha scritto la 36enne Weiss criticando la linea del giornale che si dedicherebbe a suo dire solo a pubblicare articoli in cui si mette in guardia dalla pericolosità di Donald Trump.
WEISS E SULLIVAN, I GIORNALISTI SI DIMETTONO PER PROTESTA CONTRO IL ‘POLITICALLY CORRECT’
Se Bari Weiss (che ha parlato pure di bullismo subito in redazione) è un personaggio divisivo che ama fare polemica e che comunque spesso dà vita a stimolanti dibattiti proprio sui social network dove è molto seguita, il suo collega 56enne Andrew Sullivan con un tempismo singolare ha di recente annunciato che anche lui interromperà presto la sua collaborazione col NYM, e che quello del prossimo 17 luglio sarà il suo ultimo editoriale. Anche lui ammiratore della Weiss, Sullivan tuttavia ha volito sgomberare il campo da polemiche precisando che non ha nulla contro la redazione del magazine. Definitosi da tempo un giornalista di sinistra con simpatie tuttavia per il centro (Sullivan è cattolico e omosessuale dichiarato), ha motivato la sua scelta col fatto di voler continuare la sua lotta a favore della libertà di espressione e contro il politicamente corretto: le sue dimissioni fanno ancora più rumore perché all’inizio del nuovo millennio fu uno dei primi giornalisti ad aprire un blog che divenne molto seguito prima di dire addio al web nel 2015 con un annuncio a sorpresa. Adesso, mentre la polemica infuria e si parla ancora della lettera apparsa sull’Harper’s Magazine, quello che molti si chiedono è in che modo (e magari per quale nuova testata) la Weiss e Sullivan porteranno ora avanti la loro causa.