Marcello Veneziani si dice convinto nel suo ultimo editoriale su La Verità: il Covid-19 (o meglio, la Covid-19), con tutte le ansie e le disperazioni che ha prodotto nell’immaginario comune in Italia e non solo, ha portato le persone ad aver paura di vivere. La paura della morte ha fatto smettere di vivere, o quasi: la trattazione parte da un grande genio della cultura italiana come Giacomo Leopardi. «Il filosofo Leopardi si confronta col Nulla e può dirsi il fondatore di un pensiero che dopo troverà il suo nome: Nichilismo. Leopardi scopre il nulla, almeno nella modernità», spiega Veneziani congiungendo in un unico filo continuo Leopardi, Nietzsche, Turgenev e Dostoevskij. Per l’autore dello Zibaldone però la vera “lanterna” nel buio nel Nulla sono le illusioni, dove si riparano «le fedi, le speranze, i miti, i conforti, negati dall’implacabile ragione. Le illusioni come rifugio dall’infinita vanità del tutto». Lo spunto di Veneziani sull’oggi è particolare e pregno di significato, partendo dalla paura e dal Nulla per giungere fino al senso della vita così agognatamene ricercato dall’individuo.
VENEZIANI, IL SENSO DELLA VITA E…
«Il contrario della speranza non è la disperazione ma la paura. La disperazione è il venir meno della speranza; la paura è invece l’ esatto contrario della speranza»: in questo senso secondo Marcello Veneziani, nei mesi scorsi di pandemia mondiale la Paura ha governato il mondo portando alle estreme conseguenze questo “timore” fondati nei secoli, come diceva Giovenale «per preservare la propria vita si perdono le ragioni per vivere. Ovvero, pur di sopravvivere si smette di vivere, si perde il senso della vita». Secondo la lucida lettura dello scrittore, gli uomini oggi hanno perso quasi del tutto quei “motivi” che rendono degna una vita da vivere: in questo senso il “comunismo sanitario” di cui siamo diventati preda nel Covid-19 (copyright ancora Veneziani, ndr) ha travolto tutto e tutti. L’uomo rinuncia a vivere per paura del virus, come diceva del resto anche il compianto filosofo Giulio Giorello pochi giorni prima di salutare questo mondo: come legare allora il dramma della paura e la ricerca ineludibile di senso? Secondo Veneziani se la vita ha un senso allora il senso stesso lo oltrepassa: «non decidemmo noi di nascere, non decidiamo noi di morire, non decidemmo noi di nascere in quel tempo, in quel luogo, in quella famiglia. La vita è ricevuta, non dirò che è un dono, perché Leopardi e molti infelici ci direbbero che è piuttosto una condanna». Riprendendo ancora il geniale poeta dell’Infinito, Veneziani chiosa il suo brillante editoriale lanciando un appello di sfida all’intelligenza e animo di ciascuno: «La vita non va solo vissuta ma va dedicata a qualcosa di più della vita, a qualcuno, a Qualcuno; a una missione, un compito, una proiezione, abbracciando il destino. In quel quadrivio forse troveremo il senso della vita e apriremo uno spiraglio nella notte leopardiana».