“Non posso tornare a casa senza un’intesa, a Roma non aspettano altro per mettermi in discussione”. E poi: “Avviso ai partner: ‘Così salta la Ue'”. Così, tra virgolette, ieri mattina su un grande quotidiano italiano. Così, su velina scoperta di palazzo Chigi, metodo e merito della posizione del premier Giuseppe Conte al tavolo del Consiglio Ue. La priorità delle priorità: tutelare la sopravvivenza del Governo, anzi della sua personale presidenza. Poi lo strumento negoziale principale se non unico: minacciare di fatto l’Italexit. Cioè, nell’immediato, fare da subito dell’Italia una sorta di Paese “non allineato” dentro l’Ue, spina nel fianco dell’Unione come lo è stata la Gran Bretagna prima di uscirne per davvero. Un’Italia “cavallo di Troia”, per definizione disponibile verso ogni forza esterna intrusiva negli affari europei, pronta eventualmente a coprire i buchi finanziari lasciati a Roma da una rottura con Bruxelles..
Ma anzitutto: un premier che dichiara di anteporre il proprio interesse politico e personale mentre sta rappresentando il suo Paese in una trattativa internazionale di rilievo assoluto è ancora entro i confini del giuramento costituzionale prestato nelle mani del Presidente della Repubblica?
È da undici mesi – da quando è nato il Conte-2 – che il comportamento del presidente del Consiglio suscita interrogativi crescenti e disparati sul versante della costituzionalità democratica. Per ora, tuttavia, nessuno – neppure i soggetti istituzionalmente responsabili – ha mai ritenuto di sollevare eccezioni. Non, anzitutto, il Parlamento, che anche alla vigilia di un vertice europeo decisivo, ha rinunciato a imporre con un proprio voto a Conte un mandato circoscritto. Chi polemizza con il premier olandese continua a dimenticare che il suo mandato “frugale” gli è stato ripetutamente confermato dalle sue Camere.
Per la cronaca: giovedì scorso +Europa aveva in effetti posto ai voti a Montecitorio una mozione rilevante a favore del ricorso immediato dell’Italia al Mes, ma tutte le forze parlamentari hanno detto no salvo Italia Viva (favorevole) e Forza Italia (non votante). Da un punto di vista politico, Conte non ha quindi torto quando continua a muoversi come può e vuole in largo “vuoto di dissenso”: in cui continua a spiccare – almeno formalmente . la tenuta della maggioranza fra M5S, Pd, Leu e Iv. Su questo non c’è alcun dubbio: il premier – pur non eletto – gode della fiducia “oggettiva” di una maggioranza parlamentare di quattro partiti. Almeno fino alle prossime elezioni politiche, per ora fissate all’inizio del 2023. Se peraltro il Conte-2 dovesse giungere fino alla scadenza elettorale – naturale o anticipata – non sarà facile per i partner della maggioranza giallorossa scindere la propria corresponsabilità di tutte le scelte del premier. A cominciare dall’assunzione di una posizione nettamente anti-Ue espressa fra virgolette ai media italiani dal suo portavoce-alter ego.
È forse possibile osservare differenze reali fra le critiche all’Ue espresse da Matteo Salvini – vicepremier dello stesso Conte nella precedente maggioranza giallo-verde – e quelle sempre più “populiste” del Conte-2 giallorosso? Sono forse diverse le motivazioni che portarono, un anno fa, la commissione Ue ad aprire una procedura d’infrazione per debito eccessivo contro l’Italia del Conte-1 – subito dopo il voto europeo – dalle riserve dei Paesi del Nord verso l’Italia del Conte-2 che chiede decine di miliardi a fondo perduto e livelli “greci” di indebitamento senz’alcuna condizionalità?
Fra il luglio 2019 e quello 2020 l’Italia ha intanto cambiato maggioranza e Governo. Conte-1 ha tradito in corsa la maggioranza giallo-verde, mercanteggiando i voti M5S all’europarlamento, all’epoca indispensabili per la conferma di Ursula von der Leyen al vertice della Commissione. In cambio ha ottenuto di poter restare sulla sua poltrona di premier anche in occasione del clamoroso ribaltone di agosto. Il Pd ha ottenuto la presidenza dell’europarlamento per David Sassoli e il commissariato Ue per gli Affari economici per Paolo Gentiloni, oltre al ministero dell’Economia per Roberto Gualtieri. Romano Prodi – che si è solennemente intestato la nascita del “governo Orsola” – ha iniziato da allora a costruire la propria candidatura per il Quirinale.
Eppure dodici mesi dopo Conte-2 minaccia di rovesciare il tavolo del Consiglio Ue perché l’Ue, semplicemente resta, quella di quando c’erano Mario Monti ed Emma Bonino, di quando al vertice della Commissione c’erano Prodi oppure Jean-Claude Juncker. È e non può non essere l’Europa di Angela Merkel, nell’occasione anche Presidente di turno: la cancelliera sempre uguale a se stessa, nel 2011 o nel 2019, nel 2015 con la Grecia od oggi. Ma anche Conte sembra lo stesso del 2018: anche dopo essersi trasformato in una notte dal premier di Salvini e Luigi Di Maio a quello di Prodi. Qualcuno, un anno fa, ha mentito. Oppure sta mentendo oggi. Agli italiani.