LE PAROLE DI BOCCIA
Intervistato dalla Stampa, Francesco Boccia ha risposto anche a una domanda relativa a Quota 100, volta in particolare a sapere se sarebbe contento, nei panni di un cittadino olandese o svedese, di contribuire alla misura di riforma pensioni che scadrà l’anno prossimo. “Ci sono momenti storici in cui occorrono misure per riequilibrare il sistema, non si tratta di una misura strutturale. Come ci sono scelte italiane incomprensibili per loro, ce ne sono di loro incomprensibili per noi. Non è che i Paesi del Nord siano stinchi di santi: lo vedremo quando cominceremo a parlare di fisco comune”, è la risposta del ministro degli Affari regionali, secondo cui “se vogliamo fare un passo avanti dalla moneta unica alla bandiera, serve parlare di fisco, di debiti, di difesa. Passi avviati in passato, ma sempre condizionati da interessi nazionali”. Dunque Boccia tiene a precisare che Quota 100 andrà a scadere e che in Europa bisognerebbe riuscire ad avere un sistema fiscale comune anche per evitare “concorrenza” tra i diversi Paesi su questo fronte.
LE MOTIVAZIONI DELLA CONSULTA
È stata depositata oggi la motivazione della sentenza con cui la Corte Costituzionale si è pronunciata sulle pensioni di inabilità chiedendo il cosiddetto “incremento al milione” “fin dal compimento dei 18 anni, senza aspettare i 60”. Come si legge in un comunicato della Consulta, la sentenza spiega che “il requisito anagrafico finora previsto dalla legge è irragionevole in quanto ‘le minorazioni fisio-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto anni (ovvero quando sorge il diritto alla pensione di invalidità) e i cinquantanove, rispetto alla fase che consegue al raggiungimento del sessantesimo anno di età, poiché la limitazione discende, a monte, da una condizione patologica intrinseca e non dal fisiologico e sopravvenuto invecchiamento’”. Importante un passaggio in cui si fa presenta che la maggior spesa a carico dello Stato che si avrà per l’innalzamento di tali pensioni “non viola l’articolo 81 Cost. poiché sono in gioco diritti incomprimibili della persona”.
BARBAGALLO (UIL) “NO RIFORME RICHIESTE DA UE”
Per l’ex segretario unitario Uil, oggi nuovo segretario Uil Pensionati Carmelo Barbagallo le richieste dei Paesi Ue al Consiglio Europeo su possibile nuova riforma pensioni sono da rispedire al mittente immediatamente: «Ogni richiesta di nuove riforme delle pensioni, che provenga da altri Stati europei o da forze politiche italiane, va rispedita al mittente. Il sistema pensionistico è pienamente sostenibile». Nella nota Uil l’ex segretario aggiunge «E’ fondamentale far ripartire subito la Commissione di studio sulla classificazione e comparazione a livello europeo e internazionale della spesa pubblica nazionale per finalità previdenziali e assistenziali», così si potrà arrivare alla separazione tra previdenza e assistenza dimostrando «che la spesa per la previdenza in Italia è sotto il 12%, perfettamente in linea con quella delle altre nazioni europee».
LA CIRCOLARE ADE SULLA FLAT TAX AL 7%
Con una circolare diffusa alla fine della scorsa settimana, l’Agenzia delle Entrate, come ricorda informazionefiscale.it, fornisce informazioni e chiarimenti sulla flat tax al 7% di cui possono usufruire i pensionati che dall’estero si trasferiscono nei piccoli comuni del Sud Italia. “Non conta la Nazionalità: anche un pensionato italiano, residente all’estero e titolare di pensione estera potrà fruire della tassazione di vantaggio. L’agevolazione si applica a patto che la persona fisica sia stata non residente in Italia per almeno cinque periodi d’imposta precedenti a quello in cui l’opzione diviene efficace”, spiega il portale specializzato in temi fiscali, che specifica anche che la flat tax è utilizzabile quando si trasferisce la residenza “nei comuni fino a 20.000 abitanti di di Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia” o “nei comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017 con un massimo di 3.000 abitanti”. Sul numero di abitanti contano i dati Istat riferiti al 1° gennaio dell’anno precedente a quello in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale in Italia.
GLI EFFETTI DI QUOTA 100 FINO A FINE 2021
È stallo al Consiglio europeo chiamato a decidere sul Recovery fund. Secondo quanto viene riportato dai media, Mark Rutte, Premier olandese che rappresenta l’ala più intransigente dei Paesi frugali, rimprovera al nostro Paese di aver varato una riforma pensioni con Quota 100. Repubblica scrive che all’orecchio di Rutte potrebbe essere arrivato “l’eco del recente rapporto di Itinerari previdenziali, realizzato da Alberto Brambilla, grande esperto di previdenza, già leghista, ma assai critico su quota 100. Nel recente ‘Quo vadis quota 100?’ ha detto che l’effetto Covid peserà come un macigno: fino ad oggi le richieste sono state minori del previsto ma nei prossimi due anni la crisi e i possibili licenziamenti, potrebbero aumentare la propensione degli italiani a prepensionarsi. Nonostante il taglio permanente del 10 per cento dell’assegno ci potrebbero essere 100 mila uscite in più. Con un aumento dei costi, già previsti a 48,5 miliardi”. Le preoccupazioni olandesi nascerebbero quindi dal fatto che Quota 100 durerà ancora un anno e mezzo, incidendo sulla spesa pubblica.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CAZZOLA
Giuliano Cazzola, in un intervento su startmag.it, ricorda che il Rapporto 2020 della Corte dei Conti sul coordinamento della finanza pubblica ha fatto emergere che “quota 100, anziché essere un criterio di flessibilità, si è rivelata un’uscita assai rigida, non solo per il modo in cui erano combinati i requisiti anagrafici e contributivi, ma anche per le caratteristiche della platea di lavoratori a cui era rivolta”. Infatti, scrive l’ex deputato, “i dati raccolti dalla CdC dimostrano che ad azzeccare di preciso la quota 100 doc (ovvero 62+38) sono state nel 2019 circa 5mila pensioni, il 3% del totale (rispetto alle 156.700 liquidate pari al 58% di quelle previste nella Relazione Tecnica), mentre in generale i lavoratori che si sono avvalsi della deroga avevano un’anzianità si servizio maggiore di 38 anni”.
I DATI DELLA CORTE DEI CONTI
Tutto questo “significa che le generazioni dei baby boomers interessate erano in grado di far valere un’anzianità minima di 38 anni prima di aver compiuto i 62 anni di età. E quindi per conseguire anche il requisito anagrafico questi soggetti hanno dovuto rimanere in attività ancora per qualche anno”. Secondo la Corte dei Conti, “la discriminante più importante, nell’adesione a Quota 100” è stata “l’anzianità contributiva piuttosto che l’età. In sostanza, l’uscita anticipata ha finito per attrarre principalmente coloro che – per anzianità contributiva – avevano la minima distanza dalla soglia prevista per l’uscita anticipata”. Finita Quota 100, dunque, la pensione di anzianità resterà probabilmente il canale più usato per accedere alla quiescenza.