Per Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi (27 mila imprese italiane rappresentate su un totale di 33 mila) la situazione difficilmente potrebbe essere più drammatica: chi ha riaperto – tranne rare eccezioni – sta registrando, in luglio, un’occupazione di stanze tra il 40 e il 50 per cento. Questo nelle località a spiccata vocazione turistica, cioè al mare o in montagna, perché nelle città d’arte (per non dire delle città tout court) va anche peggio, con un’occupazione tra il 15 e il 20 per cento.
Così male, presidente?
Questi sono i dati. E aggiungo che anche chi ha riaperto sta facendo due conti, e visto che i costi finiranno spesso per superare i ricavi, prevedo nuove chiusure. Attualmente hanno riaperto 6 hotel su 10, un 20 per cento riaprirà forse a settembre e un altro 20 per cento non aprirà affatto. La situazione peggiore è nelle città d’arte, che vivevano di turismo straniero e americano in particolare: un mercato di fatto azzerato.
Cosa si può fare? Le misure del Governo sono adeguate?
Adeguate? Beh, guardi: noi abbiamo chiesto fin dall’inizio della pandemia lo sgravio delle contribuzioni sul costo del lavoro. Ma non è mai stato fatto, mentre i costi continuano a correre e i ricavi a mancare. Adesso sta resistendo chi ha le spalle più grosse, ma per tutti gli altri è estremamente difficile.
Altro flop. Facciamo due conti: sui quei 4 miliardi per il turismo annunciati dal ministro Dario Franceschini 2,4 erano stati destinati al bonus. Ora, stiamo vedendo che quel meccanismo, incredibilmente complicato, non è nemmeno utilizzato dalla stragrande maggioranza di chi può permettersi una vacanza, e comunque consiste in un aiuto alle famiglie, sicuramente non agli albergatori. Dunque, 4 miliardi meno 2,4: per il turismo restano in pista 1,6 miliardi, ma in realtà sappiamo che anche questa cifra dev’essere rivista a un pesante ribasso. Insomma, briciole…
E dire che all’estero la crisi del turismo ha mobilitato ben altre risorse: in Francia, ad esempio, sono stati stanziati 18 miliardi di euro, nonostante il settore valga meno di quel 13 per cento di Pil che vale in Italia. Come mai?
In Italia non c’è mai stato un ministero dedicato al Turismo: noi siamo sempre ospiti a casa di qualcun altro, e scontiamo una scarsissima attenzione da parte delle istituzioni, che evidentemente ci reputano autosufficienti. Penso che sarebbe tempo di invertire la rotta, penso che sarebbe opportuno rivedere il titolo V della Costituzione, al pari di quanto s’è fatto per la Sanità, e ripartire al meglio ruoli e competenze tra Stato e Regioni. Ad esempio, non credo sia utile che, dico per dire, la Campania, o il Piemonte, vadano a promuoversi all’estero: questo sarebbe il classico impegno collegiale, del Paese.
Da questa crisi potrebbe nascere una nuova coesione dell’intero settore, capace di indirizzare gli organi decisionali in questo senso?
Forse, spero di sì. Non si dice che ogni crisi nasconde anche un’opportunità? Ma spero anche che ci si impegni in prospettiva, sulla ripresa vera, che immagino potrà essere già nel 2021. Nel frattempo, bisogna sforzarsi nel mantenere in vita le strutture che rischiano una chiusura definitiva.
In un recente studio, sono state individuate alcune priorità per il rilancio del comparto, tra cui la digitalizzazione (per sfruttare il potenziale delle tecnologie nella programmazione, nella gestione delle strutture e nel basare le esperienze dei viaggiatori sui loro pregressi), e la formazione professionale (per adeguare personale e manager alle metodologie di un turismo 4.0).
Condivido molto. Non possiamo pretendere di avere operatori adeguati se non possiamo contare su percorsi formativi solidi e moderni. E non possiamo nemmeno continuare a spedire i più promettenti alla scuola di Losanna. In questo senso, la Scuola di Ospitalità che sta per nascere al Lido di Venezia mi sembra un’iniziativa quanto mai importante, una scuola che dovrà essere libera e aperta al mondo intero. Tra l’altro, su quel progetto vedo l’impegno di Cdp, e proprio sulla Cassa credo bisogni contare per un progetto forte e complessivo per il rilancio del nostro settore – come ho già detto agli Stati generali dell’Economia -, anche attraverso misure innovative, che magari spezzino meccanismi e posizioni dominanti di chi, attraverso il web, sul turismo continua a guadagnare senza rischi e investimenti.
(Alberto Beggiolini)