Se non fosse caduta di domenica, ieri la Chiesa avrebbe celebrato la memoria dei Santi Gioacchino ed Anna, i genitori della Madonna, ovvero dei nonni di Gesù. Se Maria è l’adempimento di una promessa, Anna, sua madre, ne è l’attesa. Dobbiamo imparare a costruire la loro storia come parte della nostra. Solo conoscendo le proprie radici, i nostri nonni, conosciamo noi stessi. E proprio così – nonni – li chiama Papa Francesco all’Angelus. Che è un momento di preghiera ma non è parte della liturgia ufficiale della Chiesa e consente quindi a Bergoglio la libertà di poter tornare a battere dove il dente duole: proprio gli anziani, per i quali l’estate è sempre un periodo difficile, ma quest’anno più difficile di altri.
Soli e frastornati a causa del Covid-19, molti di loro affrontano il difficilissimo periodo delle vacanze di figli, parenti e nipoti con sgomento. Al termine dell’Angelus il Papa invita i giovani a “un gesto di tenerezza verso gli anziani, soprattutto quelli più soli. Ciascuno di questi anziani è vostro nonno – dice Francesco – non lasciateli soli: chiamateli, se possibile andateli a trovare. Loro sono le vostre radici, un albero staccato dalle proprie radici non cresce, non dà fiori né frutti”. È una preoccupazione che il Papa ha ribadito molte volte e soprattutto nelle ultime settimane.
Il coronavirus rivela negli anziani un suo aspetto meno urlante ma non meno doloroso. Le persone avanti con gli anni, che per mesi nelle Rsa mentre si vedevano morire attorno le persone a decine, non potevano avere incontri se non quelli virtuali, ora vedono la situazione precipitare. Perché se un nonno, una nonna, non hanno un parente da incontrare, nessuno che faccia con loro un passetto per il giardino, cadono in decadimenti cognitivi che non potranno più recuperare, e in autunno, quando andremo a trovarli, ce li troveremo vittime, devastate ed irrecuperabili, delle nostre assenze.
Gli anziani, dopo aver pagato il prezzo più alto al Covid, rischiano di rimanere vivi ma di essere morti dentro a causa di quell’indifferenza che il Papa ieri ha ancora una volta stigmatizzato. Quanti sono soli, chiusi in casa, ammalati di paura, evitanti ogni aggregazione o relazione, traumatizzati, timorosi di fare un passo falso e di farsi male, terrorizzati alla notizia che il virus riparta in autunno?
Questa categoria, bistrattata e debole perché “non bella da vedere”, vede con terrore le immagini di gente in giro senza precauzioni, di spiagge affollate con bagnanti senza mascherina, di liti politiche dimentiche di loro. Ogni condominio, parrocchia, comprensorio residenziale, dovrebbe adottare un anziano. Si tratta di fare qualche telefonata, di portare la spesa, ma soprattutto di fare un po’ di compagnia, di ascoltare raccontare, di far camminare nel girello dedicando del tempo. Bisogna costruire quella rete di aiuti senza la quale molti rischiano veramente l’abbandono totale, una solitudine ancora peggiore di quella a cui li ha costretti il virus al quale sono sopravvissuti. Noi che abbiamo ripetuto per mesi “nulla sarà più come prima” che lezione abbiamo imparato se ce li stiamo già dimenticando e li mettiamo da parte quasi fossero una presenza molesta e importuna?
Adottiamo tutti, oltre a quelli della nostra famiglia, un anziano solo. Spingiamo la parrocchia, il movimento, il gruppo di amici, le mamme della scuola, i colleghi di lavoro a farlo insieme. Solo insieme ci salviamo.