Secondo una fonte di massima attendibilità istituzionale – l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti (M5S) – una regola aurea di Rocco Casalino, portavoce in carica del premier Giuseppe Conte, è la seguente: “I giornalisti hanno una memoria di 48 ore, dopodiché gli devi dare altro da dire”. Una posizione non priva di fondamento.
Domenica scorsa, ad esempio, i grandi media nazionali hanno decretato la totale irrilevanza del caso riguardante il compagno di Casalino – Josè Carlos Alvarez – sollevato 48 prima da uno scoop, non smentito, su opache operazioni di trading online intercettate dalle autorità anti-riciclaggio. Sulle stesse pagine hanno invece trovato amplissimo spazio i riflessi di un caso egualmente controverso: concernente il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e il cognato, produttore di camici sanitari. Una vicenda gonfiatasi mediaticamente 48 ore prima.
Ieri il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, ha dichiarato in un’intervista che “i flussi migratori provenienti in questi giorni dalla Tunisia creano seri problemi di ordine pubblico, aggravati dalla pandemia in atto”.
Sono trascorsi quasi 400 giorni da quando lo stesso procuratore di Agrigento ha posto agli arresti domiciliari a Lampedusa la “capitana” Carola Rackete. Al timone della nave-Ong “Sea Watch 3” con 42 migranti a bordo, “Carola” aveva violato l’alt imposto ai confini marittimi dalla catena di comando facente capo al vicepremier-ministro degli Interni Matteo Salvini, massimo responsabile istituzionale dell’ordine pubblico nel Paese. La “capitana” aveva infine speronato una motovedetta militare all’ingresso del porto dell’isola. La Procura non è riuscita tuttavia a difendere l’arresto davanti al Gip e “Carola” è potuta tornare in libertà nel giro di 48 ore. Il successivo ricorso di Patronaggio contro la scarcerazione-lampo non ha impedito il pronto rientro della Capitana in Germania. E gli argomenti portati da Agrigento a difesa della custodia cautelare non hanno convinto, ormai sei mesi dopo, neppure i magistrati di Cassazione.
Nel frattempo, più di 300 giorni fa, ancora Patronaggio ha deciso d’autorità – ancora contro le indicazioni degli Interni – l’attracco della nave-Ong “Open Arms” a Porto Emopedocle e lo sbarco forzato di 164 migranti. Salvini era ancora formalmente in carica al Viminale, anche se il ribaltone di governo era già in fase di avanzata maturazione. Tre mesi dopo – 250 giorni fa – la stessa Procura di Agrigento ha trasmesso il fascicolo “Open Arms” alla Dda di Palermo: primo ma decisivo passo di un iter politico-giudiziario che ha portato Salvini alle soglie dell’autorizzazione a procedere per presunto sequestro di persona a danno di migranti. Il Senato decide giusto domani. Salvini è già a processo con la medesima imputazione per il “caso Gregoretti”, mentre il Parlamento non ha autorizzato una richiesta per il “caso Diciotti” (entrambi i fascicoli sono transitati al Tribunale dei ministri da Catania).
Può darsi che – in aderenza al “manuale Casalino” – i giornalisti italiani abbiano rapidamente cancellato dalla memoria gli atti del procuratore di Agrigento: lo stesso che oggi si mostra preoccupatissimo dell'”ordine pubblico” a Porto Empedocle (situazione spinosa per il premier Giuseppe Conte-2, che peraltro come Conte-1 è stato politicamente corresponsabile delle decisioni di Salvini). Può darsi anche che fra 48 ore la comunicazione di palazzo Chigi trovi modo di “dare ai giornalisti altro da dire”: relegando subito nell’oblio le parole dell’Inquisitore di Salvini apparentemente riconvertito al salvinismo. Il governo Conte-2, nel frattempo, non ha ancora cambiato una sola virgola ai “decreti Salvini” varati dal Conte-1: nonostante precise prescrizioni istituzionali del presidente della Repubblica. Più di 8mila ore fa.