“Una sfida cruciale è quella del Mezzogiorno. Fatico a immaginare uno sviluppo equilibrato in un’economia in cui un terzo dei cittadini ha un reddito pro-capite pari alla metà di quello del resto del Paese e intere regioni sono afflitte da disoccupazione diffusa e carenze infrastrutturali”. Fosse giunta da un ministro del governo in carica – politicamente radicato nel Centrosud e orientato all’assistenzialismo – un’affermazione del genere sarebbe stata sbrigativamente archiviata nella routine. È venuta invece da uno dei sei membri dell’esecutivo della Bce: l’italiano Fabio Panetta, fino a pochi mesi fa direttore generale della Banca d’Italia.
Il curriculum del banchiere centrale italiano – che in via Nazionale è stato anche ai vertici dell’ufficio studi – esclude in partenza ogni punto di vista non rigorosamente fondato su modelli di analisi e politica economica. E il meridionalismo della Banca d’Italia è sempre stato molto netto nella sua ispirazione storica, che Panetta non a caso ha tenuto a ribadire: le “diseguaglianze” fra Nord e Sud del Paese non vanno affrontate nei sintomi – con “sussidi” – ma nelle cause, contrastando la debolezza strutturale della “crescita”. E poiché la sfida del ripresa attraverso il rilancio degli investimenti pubblici e privati e l’accelerazione della produttività è comune all’intero sistema-Paese nel dopo-Covid, il Mezzogiorno non è un’emergenza circoscritta, da curare “in zona rossa”: è invece un terreno specifico di un percorso organico di riforme che governo e Parlamento devono impostare in fretta per l’Azienda-Italia, con “responsabilità” verso gli aiuti europei in arrivo.
È in questo quadro che il successore di Mario Draghi sul seggio “italiano” dell’esecutivo Bce non ha avuto timore di proporre una “fiscalità di vantaggio” per l’economia meridionale. Basta poco per capire che la prospettiva si apre in direzione contraria a quella del reddito di cittadinanza: o quanto meno sollecita un complemento necessario e decisivo alla misura di sostegno per le famiglie.
Il “taglio delle tasse” immaginato da Panetta ha sembianze opposte a uno slogan elettorale. Si profila come un incentivo selettivo alle imprese (sebbene sullo sfondo non sia difficile ipotizzare anche forme di attrazione di residenti esteri, sulla scia di Portogallo e Grecia). La matrice sembra quella sperimentata con successo da “Industria 4.0”: anzi, non sarebbe sorprendente se la “fiscalità di vantaggio” nel Meridione andasse a rafforzare tout court nell’area le agevolazioni nazionali mirate alla digitalizzazione industriale.
Il gap da colmare guarda sempre alle “pari opportunità” reali: per un imprenditore del Sud come per un laureato, cioè prima ancora per quelle fabbriche di capitale umano di nome “università” che nel Mezzogiorno ci sono già e hanno bisogno di stimoli. E quando lo stesso governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, nelle sue ultime Considerazioni finali, ha insistito su un piano per il turismo orientato al Sud – fra agroindustria e bei culturali – parlava chiaramente di un Turismo 4.0. Di un Sud 4.0 in un’Italia – finalmente – 4.0.