Che cosa fosse Cl è chiaro da tempo a chi ha occhi per vedere. Un “collateralismo religioso” la cui parabola doveva culminare nel malaffare formigoniano e nel ventennio di Berlusconi, grazie, anche, alla benedizione di Ruini. In spregio al rinnovamento voluto dal Concilio e impersonato da uomini come Bachelet e il cardinale di Torino Antonio Ballestrero, che – inascoltato – già nel 1980 disse chiaro e tondo a Wojtyła come stavano le cose. E oggi questo “potere politico sorretto dalla religione”, dopo essersi impadronito della sanità lombarda, ci riprova con Draghi al Meeting di Rimini.
È il senso dell’articolo di Ettore Boffano uscito ieri sul Fatto Quotidiano con il titolo spiccio “Comunione e liberazione: il peggior cattolicesimo”. Fausto Bertinotti, ex sindacalista, segretario di Rifondazione comunista (1994-2006) e poi presidente della Camera, non credente, conosce Cl ma la pensa molto diversamente da Boffano.
Del rapporto tra fede e politica in Comunione e liberazione parliamo ormai da anni, anche con il suo contributo. Cosa pensa di quanto scritto da Boffano?
Purtroppo non mi stupisco. Siamo di fronte ad una crisi di senso della politica. È ormai tutta corrotta. Ma per corruzione qui non intendo l’esposizione ai procedimenti giudiziari. E nemmeno le vicende morali.
Che cosa invece?
Lo smarrimento delle ragioni della propria esistenza. Lo dico con una formula che risente molto, forse troppo, della mia storia: la più grande idea che la politica abbia prodotto, diceva giustamente Franco Rodano, è stata la rivoluzione. Rivoluzione è trasformare completamente il mondo.
A modo suo, anche il cristianesimo lo ha fatto. Può esistere un cattolicesimo disincarnato?
È questo il punto. Ho davanti l’ultimo libro di Julián Carrón, Il brillio degli occhi. C’è una frase di di Edgar Morin che si attaglia perfettamente a questa situazione. “Ho compreso che fonte di errori e di illusioni è l’occultare i fatti che ci disturbano, anestetizzarli ed eliminarli dalla nostra mente”.
La seguo, ma dove vuole arrivare?
Il ritorno sul proprio passato come terreno di ricostruzione è fondamentale ed è uno dei motivi per cui guardo con interesse a Cl. Anche chi ha creduto nel comunismo dovrebbe tornare sugli errori commessi nel corso della sua storia.
Torniamo a Rodano, alla rivoluzione.
Si è perso un orizzonte e questa perdita ha immiserito enormemente la politica. Da allora in poi la discesa è stata inarrestabile. Persa la ragione prima, la trasformazione del mondo, si è persa anche la ragione seconda, quella di un diverso modello di società e di vita.
Ha citato la fine della rivoluzione e l’immiserimento della politica. Però parlavamo dell’articolo del Fatto e di Cl.
Lo smarrimento della meta e lo smarrimento della vita producono un conflitto insensato. Quell’articolo è semplicemente una modalità ordinaria del conflitto politico così com’è oggi. Un conflitto ormai cieco. Ha bisogno solo di un bersaglio da colpire.
Allora il pezzo di Boffano…
È interamente e soltanto politico. È l’espressione perfetta della miseria della politica ridotta a conflitto da consumare nell’immediatezza quotidiana. La propria esistenza viene giustificata soltanto per differenza: io non sono “lui” – in questo caso Cl, domani qualcun altro. Ma tu – chiedo io – chi sei?
La risposta?
Non lo sappiamo. O forse lo vediamo benissimo. Non a caso nel pezzo si parla di una Cl d’antan.
Mi spieghi meglio.
Se ti interessasse davvero Cl, cominceresti dall’oggi, da che cosa è diventata Cl, non da quello che era. Non puoi trascurare l’oggi se vuoi capire un’esperienza. Vale per tutto. Aggiungo poi che quando si tratta di un fenomeno che ha una forte componente di fede, leggere il suo rapporto con la politica è doveroso, e anche io sarei assai critico sulla contaminazione di Cl con le esperienze politiche nazionali e regionali del centrodestra negli anni di cui si parla nell’articolo. Ma non puoi dimenticarti che quel fenomeno va letto prevalentemente su due piani essenziali: il primo è quello spirituale, il secondo è l’essere un fenomeno di popolo.
Quindi?
Prima bisogna capire dove il nuovo corso di Carrón ha portato Cl, poi rintracciarne le radici. Arrivo alla domanda chiave. Tu – tu che scrivi che Cl è il cattolicesimo peggiore – perché non parti dal presente?
Appunto. Perché?
Perché non ti interessa nulla, cioè nulla ti interessa.
Vuole dire che siamo davanti ad un approccio nichilistico?
Esattamente. Ma non è il nichilismo di Nietzsche, non è un’invettiva, non è un conflitto dell’io col tutto, è la banalità del niente quotidiano. È quello che Del Noce, citato da Carrón, chiamava nichilismo gaio. Gaio perché senza inquietudine.
Forse “le teste di cuoio del collateralismo religioso” (Boffano) avevano intuito che la fede c’entra con la vita. Don Giussani ne era convinto. Wojtyła anche.
Sono d’accordo con quello che dice. L’errore non è il nesso tra fede e politica. La responsabilità, semmai, è di chi ha considerato il rapporto tra fede, vita e politica operando una riduzione di quest’ultima. Se la sua dimensione grande, per dirla ancora con Morin, viene anestetizzata o occultata come un fatto che ci disturba, la politica si riduce a governo.
È l’appiattimento sulla ragione seconda di cui parlava prima?
Sì. Ma oggi non è più così, perché Cl il suo rapporto con la politica lo ha ripensato. Infatti quasi nessuno chiede oggi a Cl “vicino a chi siete?”, ma “che cosa siete?”. È un cambiamento che mi appassiona. Osservo sempre con particolare attenzione gli esponenti di Cl quando vanno su questo terreno.
A cosa pensa?
Ad esempio al tema, sollevato di recente, dell’unità nazionale nel governo del paese. Ma l’unità nazionale non è l’unità di popolo.
Che differenza c’è?
Camillo e Peppone erano due mondi politicamente avversi, ma umanamente appartenenti allo stesso popolo. Non è necessario che ci sia un’unità politica perché ci sia una unità di destino. Affrontare la crisi drammatica della democrazia viene prima di ogni possibile patto di governo.
Ci faccia un esempio.
Qualche settimana fa si in Francia hanno trionfato i verdi. È sembrata un’eco secolarizzata dell’enciclica papale. Poi però risulta che il 60 per cento degli aventi diritto non ha votato. Non corriamo il rischio di creare la democrazia dei benestanti e di espellere dalla politica coloro che sono scarti del sistema?
Tornando a Cl?
Apprezzo che i temi politici siano periferici rispetto a ciò che conta di più e che emerge “nel brillio degli occhi”. Una comunità di uomini e donne il cui legame fondamentale è quello della fede, è umano, giusto e necessario che si occupi della politica. Ma evitando la trappola di ridurre la politica a governabilità.
Dunque la politica è necessaria.
La politica è necessaria, ma non si può saltare il fatto che la politica è drammaticamente in crisi e a rischio di contaminazione di tutto ciò che tocca.
E chi, in modo diametralmente opposto, accusa Cl di spiritualismo?
È un’accusa totalmente infondata. Oggi serve un’ipotesi rifondativa della politica e della democrazia. Cl quest’ipotesi ce l’ha.
Quale dev’essere oggi l’obiettivo?
La costruzione del popolo.
Cominciando da dove?
Se la fede aiuta a leggere il bisogno di amore per l’altro, e questo altro, per chi ha fede e per chi ha una storia come la mia è il povero, l’emarginato, quello è il punto di partenza.
(Federico Ferraù)