A distanza di giorni, da quando è scoppiata la polemica, non è ancora chiaro perché il Governo abbia deciso di tenere segrete le riunioni che decisero la chiusura in tutta Italia per il Covid.
Risulta che il Comitato tecnico-scientifico non voleva mettere sotto chiave tutto il paese, è oscuro invece perché il Governo decise di serrare tutto.
Alcuni dicono che fu per le pressioni delle Regioni del Nord, che non volevano sentirsi isolate, dannate e discriminate mentre due terzi del paese restavano aperti. Secondo altri il Governo, cosciente delle mancanze del sistema sanitario meridionale, ha pensato di fermare tutto perché se il contagio fosse arrivato al Sud quelle Regioni non avrebbero retto e il paese sarebbe sprofondato nel caos.
Tali ragioni non si possono dire perché frutto di trattative con amministrazioni a Nord e Sud ciascuna con le sue leve di potere.
Qui il problema è sottile e profondo al tempo stesso. Le ragioni per decidere la chiusura o meno del paese potrebbero essere state nobili o di bassa lega politica. Nobili, se si trattava di salvare il Mezzogiorno dalle sue debolezze antiche; di bassa lega se il punto era distribuire favori a destra e manca tra i vari governatori.
Ma in ogni caso, anche la vile macelleria dei favori ha una sua dignità e sue ragioni: basta dirle. Forse anche una dittatura, in alcuni momenti, in alcune situazioni ha suoi motivi, ma ogni dittatore a un certo punto annuncia di trasformare il Parlamento in un accampamento di manipoli, oppure lo dà semplicemente alle fiamme o lo chiude.
A che punto è ora l’Italia? C’è una semi-dittatura per scivolamento burocratico, per evitare la dittatura minacciata dalle destre? Un secolo fa i benpensanti italiani sostennero il golpe fascista per prevenire la rivoluzione comunista. Oggi la storia si ripete, in modi diversi e a colori diversi?
Può essere giusto e legittimo, però ci vorrebbe una presa d’atto. In fondo i sistemi autoritari, più o meno rigidi, nel lungo termine possono rafforzare un paese. Lo dividono radicalmente in favorevoli e contrari e da quella lotta qualcosa di sostanziale emerge. Il miracolo italiano fu frutto di una classe politica forgiata dall’antifascismo. Oggi la classe politica attuale pare forgiata da un trentennio di degrado culturale all’inseguimento delle tv “tette e barzellette”.
Quindi la risposta al perché il Governo abbia tenuto gli atti segreti diventa cruciale: non tanto per far cadere o mantenere il Governo, che viaggia per binari propri, ma per capire in che punto della storia sia l’Italia.
A dispetto di tante conclamate simpatie cinesi, la Cina pare in realtà più lontana che mai. La Cina è un sistema autoritario fondato su un sistema meritocratico molto rigido ed efficiente. I leader sono selezionati attraverso un lungo cursus honorum che comincia con la cooptazione dei migliori laureati delle migliori università.
Nulla di tutto questo c’è nell’attuale compagine governativa; gettando poi un pietoso velo sul povero Sergio Battelli, terza media, commesso a negozio d’animali, riconfermato alla guida della commissione per gli Affari europei. Naturalmente è vero, i titoli di studio non garantiscono alcunché, ma sapere leggere è ontologicamente meglio di non saperlo fare.
Saranno poi rivoluzionari, va bene, ma quelli che la rivoluzione l’hanno fatta e vinta davvero, gli Stalin o i Mao per esempio, erano coltissimi, sapevano tutto. Sono così gli apprendisti rivoluzionari italiani?
Infine il rapporto con il mercato. In Cina il governo interferisce sul mercato, certo, questo è il nodo della disputa attuale con gli Usa, ma anche questo lo fa con sapienza: non ci sono telefonate che all’ultimo minuto interrompono trattative con importantissimi investitori stranieri, perché a Pechino sanno che certe cose semplicemente non si fanno.
Anche qui forse il governo ha nobili intenzioni: però dovrebbe spiegarle. Nemmeno in Cina si prendono decisioni del genere senza che il portavoce del ministero degli Esteri affronti l’arena della stampa internazionale.
Certo, nel breve nulla cambierà, ma come gocce d’acqua tutto si accumula dentro un vaso che va svuotato. Altrimenti, prima o poi, trabocca.