La “questione settentrionale” è di nuovo al centro del dibattito nella Lega, con venti “frondisti” in Lombardia e Veneto. La conferma arriva in un certo senso anche dalle parole di Umberto Bossi, fondatore della Lega nord. «Oggi il Nord viene barattato per i voti al Sud», ha dichiarato in un’intervista alla Nuova Padania che AdnKronos anticipa nei passaggi salienti. «Io dico che occorreva non avere paura di continuare a tenere alta la bandiera della questione settentrionale, anche se poi ti attaccano», ha aggiunto Bossi. Il vecchio leader del Carroccio da Gemonio ribadisce qual è la sua posizione, peraltro già espressa all’ultimo congresso della Lega nord, lo scorso dicembre. Già allora si disse contrario alla svolta nazionalista dell’attuale leader, Matteo Salvini. «È il Nord che deve muoversi», ha poi incalzato. Secondo Bossi «tutto è rimasto come un tempo». Ma avverte: «Neutralizzata anche la spinta federalista, la nostra devolution, oggi il Nord è al centro di uno scambio».
LEGA, BOSSI “NORD IN EUROPA, MENTRE ROMA GUARDAVA A SUD”
Nelle parole di Umberto Bossi alla Nuova Padania c’è anche un attacco a Roma. «Il Palazzo non ti dà niente, l’autonomia non te la vogliono dare, e si vede». Ma per il Senatur questo non è un motivo per «interrompere la battaglia», anche perché «le regioni del Nord sono vive e non sono cambiate». L’ex leader della Lega nord poi ha spiegato che «il Nord fa ancora paura a Roma, senza la Lombardia e il Veneto l’Italia non è ricevuta da nessuno». L’Italia senza queste due regioni, ha aggiunto Bossi, non pesa dal punto di vista economico, commerciale e politico. «Dove ci sono Lombardia e Veneto invece si vince». Ma nell’intervista è tornato anche sulle origini del partito, spiegando che la nascita della Lega è legata al fatto che esistano «due Italie con esigenze diverse, velocità diverse, una politica marcatamente assistenziale che non dava frutti. Il Nord era già in Europa, ma Roma guardava a Sud. Come oggi». Non manca neppure un attacco all’assistenzialismo: «Il lavoro non deve venire dallo Stato che assiste, come accade ancora oggi al Sud».