Ieri Vladimir Putin ha annunciato che la Russia ha un vaccino pronto, già registrato, che sarà somministrato a varie categorie a rischio a partire da settembre. Putin ha dichiarato: “So che il vaccino è abbastanza efficace, garantisce un’immunità stabile e ha superato tutti i controlli”.
L’annuncio ha fatto il giro del mondo, ma ha il sapore della propaganda per almeno due elementi. Il primo è il suo nome, Sputnik, in ricordo della corsa allo spazio, vinta dall’Urss come oggi la Russia vince la corsa al vaccino. E poi c’è la prova della sicurezza del vaccino addotta da Putin: “l’ho testato su mia figlia, sta bene”. Di sicuro effetto mediatico, ma di scarso valore scientifico. Peccato che, come ci ha detto il virologo Fabrizio Pregliasco, la prova scientifica fosse fondamentale: “Serviva un report che dimostrasse modalità e ampiezza del campione”. Pregliasco ci ha poi spiegato come il vaccino russo in realtà sia ancora in sperimentazione.
Putin ha presentato un nuovo vaccino, dichiarando che è “già registrato”. Cosa vuol dire?
La situazione è tutta da capire, perché non c’è nulla di pubblicato sulle riviste scientifiche né un report scientifico delle fasi di sperimentazione, che elenchi modalità e dimensioni degli studi fatti. Si può solo formulare un’opinione superficiale su questo annuncio, cominciando col dire che sembra un po’ troppo veloce rispetto ai tempi delle registrazioni a livello europeo, americano e giapponese. Gli stessi tempi che, di solito, applicano anche i russi.
Come funziona la registrazione?
Le agenzie di registrazione verificano la correttezza degli studi fatti: si presentano i report, da cui poi si traggono gli articoli scientifici. La registrazione non è un atto burocratico, serve per garantire sicurezza ed efficacia del vaccino, visto che poi andrà somministrato a tante persone.
Quindi non è normale annunciare un vaccino senza accompagnarlo a un report?
Esatto, non si fa. Dovevano dirci le caratteristiche del vaccino e la numerosità del campione. Quest’ultimi sono importanti per capire i possibili effetti collaterali, che si scoprono solo con dei test su un grande numero di persone, almeno 10mila.
Che livello di sviluppo ha il vaccino russo?
Credo che la Russia sia in fase 3, o meglio quella di un “uso compassionevole”, ovvero un vaccino non registrato che viene usato in modo massivo, come avviene col farmaco remdesivir usato per contrastare il Covid. Non parlerei di fase 3 perché un soggetto in uno studio clinico è molto controllato. Nel caso dell’“uso compassionevole”, invece, il farmaco (o vaccino) si somministra su larga scala, ma i dati sono raccolti in modo meno strutturato. Credo che i russi stiano facendo il vaccino a militari o personale sanitario esposto al virus.
Ci può chiarire sinteticamente le varie fasi di sviluppo del vaccino?
Le tre fasi di sviluppo aumentano via via il numero di pazienti coinvolti. Nella fase 1 (a cui si trova attualmente il vaccino testato allo Spallanzani) si somministra il vaccino per valutarne la farmacodinamica, per avere dati su sicurezza e concentrazione del farmaco. La seconda e la terza fase vedono un allargamento importante del campione su cui si effettua il test. Nella fase 2 si provano dosaggi diversi, nella fase 3 il vaccino è somministrato in modo più ampio, in genere su 20-30mila persone. La fase 4 è post market, un’osservazione che continua dopo la commercializzazione, quando il vaccino raggiunge il massimo della platea.
Quindi la registrazione arriva dopo la fase 3, e solo dopo quella fase si può procedere alla commercializzazione?
esatto. La fase 4 avviene dopo.
Quindi il vaccino, secondo i nostri standard, non è ancora pronto per essere venduto. La Russia ha parlato di 20 paesi acquirenti. L’Italia potrebbe essere tra questi, e comprare un vaccino non ancora registrato?
No, anche perché l’approvazione tecnica deve passare dall’Ema (Agenzia europea del farmaco), e poi ci vorrebbe un’acquisizione a livello nazionale, gestita dal ministero della Salute.
Ma non potrebbe deciderlo la politica, scavalcando i tecnici dell’Ema?
Non è un’opzione sul tavolo, ci sono altri iter. E attualmente nel mondo sono portati avanti circa 160 studi sul vaccino, di cui 4-6 in stadio di avanzamento. Noi avremo comunque dei problemi a far vaccinare le persone, visto che il 41% non vuole vaccinarsi. Questo virus non è così letale, ha un tasso di letalità del 2,5% e quindi basterebbe un 60-70% di popolazione vaccinata per avere l’immunità di gregge.
Come mai in Italia non ci sono studi di fase 2 e 3?
Non varrebbe la pena, le fasi 2 e 3 necessitano di una forte presenza di malattia che in Italia al momento non c’è. Le stanno portando avanti nei paesi più colpiti, come il Brasile. Le sperimentazioni si basano sul confronto tra le persone vaccinate e altre a cui viene somministrato un placebo per vedere la differenza percentuale di soggetti che si ammalano. A meno di non ricorrere a studi di challenge per trovare il vaccino.
Di che si tratta?
L’Oms di norma non li considera etici, ma nel caso del Covid li ha concessi. Seguono una pratica brutale: le persone si vaccinano e poi si sottopongono volontariamente a una modalità standardizzata di infezione. Sostanzialmente, si mette loro nel naso uno spray col virus.
Sono studi che avvengono anche in Occidente?
Per il vaccino contro l’influenza l’Oms li concesse, in altri casi no. Ma velocizzano molto le cose.
(Lucio Valentini)