Le api rischiano l’estinzione? E se sì, il genere umano scomparirebbe? Due importanti quesiti che da tempo circolano in rete e trovano spazio sui quotidiani. La questione appare più complessa di come viene abitualmente illustrata, poiché deve tenere conto di numerosi fattori, come spiega “Query”, la rivista ufficiale del CICAP; innanzitutto, occorre precisare che vi sono al mondo numerose specie diverse di api e che quella a noi più nota è l’Apis mellifera (ape domestica), ovvero quella di cui si prendono cura gli apicoltori, i quali, attraverso il loro operato, la gestiscono e la tutelano. Il clamore circa una loro possibile scomparsa nasce negli USA, poiché nel Nord America si sono recentemente registrati importanti cali produttivi, con l’autentica scomparsa delle api operaie e intere colonie sterminate dai rigori dell’inverno. Vi sono poi altri fattori pericolosi: la cancellazione del verde spontaneo, i pesticidi, il fungo Nosema apis (in grado di generare pesanti infezioni all’interno delle colonie) e l’acaro parassita Varroa destructor (probabilmente protagonista di uno spillover che l’ha portato a infestare l’Apis mellifera nelle Filippine negli anni Sessanta, diffondendosi poi nelle colonie di tutto il mondo).
API E GENERE UMANO A RISCHIO? NO
Vi è poi la questione del genere umano: da più parti, in questi anni, si è scritto e detto che una scomparsa delle api provocherebbe anche la fine dell’umanità. Trattasi, come ribadisce “Query”, di una bufala, dal momento che non tutte le coltivazioni sono legate direttamente al lavoro delle api domestiche per ciò che concerne il processo di impollinazione, talvolta eseguito da vespe, farfalle, calabroni, zanzare e coleotteri. Potremmo dunque perdere alcune coltivazioni (mele, pere, lamponi, pesche), ma avremmo comunque altri prodotti della terra con cui sfamarci e sopravvivere. Ciò non toglie che occorra prestare grande attenzione agli appelli tesi alla salvaguardia degli insetti impollinatori, alcuni dei quali sono già scomparsi per via di diversi fattori, fra i quali la diffusa scomparsa di prati fioriti spontanei a cui affidare il proprio approvvigionamento e il riscaldamento globale, per il quale in questi anni sono nati numerosi movimenti, ultimo dei quali quello della giovane svedese Greta Thunberg.