Non era neppure battezzata. Peggio: forse adorava idoli stranieri, pregava dèi forestieri, portava addosso talismani e amuleti. Era donna, però, dunque in grado di gridare all’occorrenza. Chissà le volte che avrà sentito il bisogno di urlare, ma è come se lo facesse controvento: le rimaneva tutto dentro. Fino al giorno in cui la malattia andò a toccarle la figliola: divenne una leonessa ferita. Da allora si fece un grido viaggiante, in corsia di sorpasso: “Ciò che non può danzare sul bordo delle labbra va a urlare nel fondo dell’anima” (C. Bobin). E poi a rimbalzare dritto in faccia ai passanti: “Pietà di me, Signore, Figlio di Davide”. Senza alcun certificato di battesimo, segni di croce, inizia la sua celebrazione: Kyrie, eleison!
Lei, quell’invocazione, non la ripete a memoria, distratta, sfiduciata: s’aggrappa ad essa come ostriche allo scoglio, è scialuppa di salvataggio, verità di fede pur non convalidata nei registri. Soffre a dismisura quella donna: a volte ha sofferto tacendo e il suo silenzio appariva l’urlo più forte possibile: il dolore è ancor più dolore se tace. Altre volte, la volta in cui passa Cristo, grida forte. Gli sbarra del tutto la strada, allarmando la ciurma discepola, sempre inquieta per la paura di lasciare la priorità acquisita piuttosto che perdere l’occasione di vedere all’opera in altri la medesima Grazia ch’è stata la loro colossale fortuna. Smemorati.
La carne di una figlia che soffre è una madre in panne, un cuore in stato di allerta, tutto il mondo se ne sta sospeso in quel grido. È un grido molesto per la quieta vita degli amici di Cristo: “Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando”, bisbigliano di traverso all’Amico medico. Non “esaudiscila perché sta soffrendo!” ma perché corre dietro a loro gridando: ancora una volta i prediletti viaggiano ai bordi dell’insufficienza in materia di fede!
La donna, invece, non vuole sprecare la sua sofferenza. È vero che non conosce il Catechismo della Chiesa cattolica ma il dolore l’ha resa un po’ (ma)donna sotto la Croce. E, come la Madonna, da una risposta brusca – “Non son stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele” – trae la forza d’arginare di petto l’apparente menefreghismo del Cielo: “Aiutami, Diommìo!”. L’avverte suo, pur senza battesimo: l’unico battesimo ricevuto è l’urlo strozzato della figlia, quella carne ch’è carne della sua carne ed è attanagliata dalla malattia. Le concede udienza, stavolta, pur in maniera assai ruvida: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini!”. Rischia di farla sentire un cane randagio per via di metafora: lei, però, avverte una crepa in quell’espressione d’attenzione.
È una madre, dunque coraggiosa ad oltranza: semina della luce in quella crepa, si mette a fare ripassi di catechesi al Cristo. Non teme nulla: per chi ha un appuntamento già fissato con la morte, i dettagli li lascia ad altri. Se ne infischia della coda, degli insulti, degli sberleffi: “È vero – Glielo ammette senza vacillamenti – eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Senza battesimo, è costretta ad andare al sodo: “Hai ragione, ma credo che Tu sei Tu. L’unico a non dividere il mondo tra battezzati e non, tra randagi e domestici, ma tra chi soffre e chi il dolore non l’ha ancora conosciuto. Questo io so, mi basta per avvicinarmi a te!” (Ad)Dio, gente.
L’ha data Lui alle madri quella forza: fanno le veci di Dio fino al suo ritorno. Con loro, dunque, dovrà sempre fare i conti in materia di vita, di morte. Disposto a cedere loro il passo, perché un po’ (ma)donne nell’emergenza: “Grande è la tua fede, donna. Avvenga per te come desideri!” (cfr Mt 15,21-28). Non le augura la guarigione di sua figlia, si supera: le augura che il suo più grande desiderio si avveri. Stavolta si è lasciato sorprendere Lui, mettendo la donna in condizione di sorprenderlo: le ha fatto capire che ciò che spera s’avvera, che Dio è il Dio di tutti, che nascer pagani, talvolta, è trarre vigore dove altri recitano abituati: Kyrie, eleison! “La persona prima della fede!” avrà ridetto agli amici: e anche stavolta l’Onnipotente riparte dai bisogni urlati di chi soffre invece che dalla fede muta di chi sta bene.