Tutto è pronto! Il 14 settembre, giorno in cui le scuole riapriranno, si sta avvicinando. Le aziende stanno lavorando per produrre i nuovi banchi (2,5 milioni di sedute!), con rotelle o senza, quadrati o esagonali, che prima o poi arriveranno nelle scuole. Prima o poi anche gli organici dei docenti andranno a regime. Dal primo settembre, inoltre, mentre in tutti gli istituti scolastici ferveranno i lavori di adeguamento strutturale, docenti e studenti saranno pure impegnati con le attività di recupero degli apprendimenti. Non sarà facile che tutto ciò accada in modo efficace e nel rispetto dei tempi.
Tutto è terribilmente complicato, tante cose si potevano immaginare in modo più semplice o diverso, ma diamo atto che nel documento che disciplina la riapertura delle scuole, le famose Linee guida, c’è un riferimento importante relativo all’autonomia delle istituzioni scolastiche. Presi dal bisogno ci si ricorda del Regolamento dell’8 marzo 1999, recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, che riconosce alle singole scuole libertà e flessibilità nella organizzazione dei percorsi didattici. Autonomia, libertà, flessibilità ci piacciono sempre di più! Rimandano a dimensioni che allargano il cuore. Perché spostano lo sguardo dalle norme omologanti (dove tutto e tutti sono uguali) al mondo reale e colorato delle diversità, dove si riconosce che ogni territorio, ogni collegio docenti, ogni dirigente e ogni insegnante, ogni famiglia, ogni studente, è una ricchezza irripetibile.
È sempre stato vero, ma oggi lo è mille volte di più, perché siamo di fronte ad una realtà mutata. Nella scuola, e non solo, sono cambiate le dinamiche di reperimento e utilizzo delle risorse economiche, cambiate le esigenze strutturali e organizzative, di sicuro cambiati in gran parte i docenti. E quando si è di fronte a grandi cambiamenti le risorse più importanti restano la libertà e la flessibilità. Libertà di guardare, di capire, di lasciarsi interrogare, di mettersi insieme per affrontare i problemi. Flessibilità nell’individuare soluzioni, nel diversificare gli interventi, nell’organizzare spazi e attività.
È molto probabile che il fattore più imprevedibilmente cambiato siano i nostri ragazzi. Come li ritroveremo? Come torneranno a scuola dopo sei mesi di digiuno da banchi, insegnanti in presenza, convivenza con i compagni, orari e campanelle, interrogazioni e compiti “veri”? Come si esprimerà il loro desiderio, quel bisogno di senso di cui conoscevamo qualche connotato, ma che ora inevitabilmente avrà forme e movenze diverse? Che cosa ci chiederanno per rispondere al desiderio che andare a scuola sia bello (e non solo facile!), che imparare dia gusto? Mascherine o non mascherine, bisognerà reimparare a lavorare insieme, a relazionarsi, a guardarsi negli occhi (mentre le “rime buccali” resteranno giustamente distanziate!).
I nostri studenti, piccoli o grandi, saranno diversi. Prima di buttar loro addosso tutto quello che la burocrazia o anche la creatività avranno prodotto, bisognerà guardarli, ascoltarli, stupirsi di come sono. “La sfida che la realtà ci ha rivolto ci ha costretto a guardare più in profondità il nostro essere uomini”. Così Julián Carrón in Il risveglio dell’umano, dove aggiunge: “Una fragilità strutturale – non contingente o provvisoria – è emersa in tutta la sua drammaticità”. Sarà commovente vedere le forme con le quali, nei più giovani, la coscienza di questa fragilità si esprimerà. Cosa si cela dietro a quell’esorcismo della paura che li rende irriverenti a regole e mascherine, o anche dietro la richiesta di tanti di continuare la scuola on line? Gli adulti che incontreranno avranno il gusto di stupirsi di fronte all’irrompere di un desiderio che si esprime anche come disagio, trasgressione, distacco? Mai come in “questa” riapertura di anno scolastico sarà vincente “inginocchiarsi” ogni mattina davanti a quel desiderio, domandando che ogni gesto, ogni parola, ogni decisione siano all’altezza di esso.