Spesso, in Italia, nel mondo della musica si vive una specie di complesso di inferiorità. I grandi, gli innovatori, le leggende infatti sono sempre o quasi quelli provenienti dal mondo della musica anglo-americana. Naturalmente nessuno può negare l’impatto di Elvis Presley o dei Beatles nella musica del Novecento, ma l’Italia può vantare personaggi che hanno a loro volta rivoluzionato, cambiato e innovato il panorama musicale. Che dire ad esempio di Fred Buscaglione, Domenico Modugno o Adriano Celentano? Tutte personalità di livello internazionale, innovatori e rivoluzionari del canto.
Ma anche dal punto di vista strumentale non mancano i personaggi di spicco che nulla hanno avuto da invidiare ai mostri sacri d’Inghilterra e Usa. Uno di questi è senz’altro il chitarrista Pino Rucher, che in pochi ricordano. Tanti di questi artisti infatti sparivano nell’elenco dei compositori e dei musicisti, un piccolo nome in fondo all’elenco di chi partecipava ad esempio alle colonne sonore.
In Italia Pino Rucher fin dal ’66 utilizzava già il distorsore in un modo molto caratteristico con sonorità cupe che anticiparono quelle dei grandi gruppi hard rock, effetti speciali inventati prima da Kinks e Rolling Stones e che Rucher giunse a sperimentare immediatamente dopo, ideando un suono aspro e ruvido che ben si confà all’azione scenica, come si può rilevare ascoltando una traccia della colonna sonora (registrata alla fine del ’66) di “Un dollaro tra i denti” del Maestro Benedetto Ghiglia, film citato dal compositore per l’apporto solistico di Pino Rucher.
E’ noto che il genere spaghetti western (o western all’italiana) ebbe una certa diffusione anche negli altri paesi, sull’onda del successo di “Per un pugno di dollari”, e la chitarra elettrica presente in molte pellicole di quel filone ha da sempre attirato esperti e musicisti stranieri fino ai nostri giorni.
La modernità di Rucher la si può riscontrare anche in film d’azione e di avventura della seconda metà degli anni ’60, che spesso venivano tradotti per l’estero, vedi ad esempio “Supercolpo da 7 miliardi” (uscito agli inizi del ’67), la cui chitarra elettrica con distorsore nella colonna sonora di Nico Fidenco si segnala per la notevole modernità del suono rovente .
Ascoltando i titoli del film di fantascienza “2 + 5 Missione Hydra”, la cui colonna sonora di Fidenco negli appunti di lavoro di Rucher risulta incisa il 1° agosto 1966, non si può non notare che il distorsore che introduce e fa da riff suona quella successione di 3 note che ritroviamo nel 1970 nella famosa canzone Child in Time dei Deep Purple; sarà stato un caso, ma resta il fatto che Rucher era avanti coi tempi per sonorità e idee.
Pino Rucher cominciò a suonare quando il padre, tornato dall’America nel 1933, gli portò in regalo una chitarra. A neanche dieci anni si appassionò così a quello strumento. Grazie poi alla presenza delle truppe americane in Italia alla fine della Guerra mondiale, cominciò a esibirsi in orchestre americane calandosi a fondo nello spirito della musica jazz. Partecipò poi nel dopoguerra a una serie lunghissima di trasmissioni televisive e radiofoniche della Rai, trascrivendo personalmente grandi protagonisti americani da Wes Montgomery a Joe Pass.
Ma sono le partecipazioni a colonne sonore, diverse centinaia, che hanno lasciato il segno. Pino Rucher è stato il primo musicista italiano a usare la chitarra elettrica nei western di produzione italiana, suonando da solista in un Per un pugno di dollari di Sergio Leone.
Diede un impulso fondamentale per l’introduzione della chitarra elettrica nella musica da film, fin dal ’54, ad esempio nel film “Cento anni d’amore”, come fu ricordato dal trombettista Nino Iannamorelli in un’intervista, per ora inedita.
La sua chitarra è fondamentale nelle colonne sonore di tanti film western made in Italy, come quelle del Maestro Gianni Ferrio, vedi in Wanted o in “… E divenne il più spietato bandito del sud”. Di grande impatto sono gli assolo di Rucher nelle colonne sonore di Nico Fidenco, come in “Per il gusto di uccidere” , la cui colonna sonora negli appunti di lavoro del chitarrista risulta registrata nell’aprile 1966 sotto la direzione del Maestro Willy Brezza; la chitarra elettrica della colonna sonora di “All’ombra di una Colt” (1965) richiama la melodia del brano del Maestro Morricone dei titoli di “Per un pugno di dollari” poi c’è la chitarra elettrica di “John il bastardo”.
Quindi, nel genere western la chitarra elettrica in stile Rucher era diventata una moda, come disse il tecnico del suono Giuseppe Mastroianni in un’intervista inedita su Rucher, o come ha scritto su di lui il tecnico del suono Sergio Marcotulli : “la timbrica della sua chitarra è rimasta come il suono western”.
Non a caso la chitarra elettrica di Rucher ha tenuto a battesimo l’esordio di alcuni compositori proprio per film western, come da loro stessi rammentato. E, infatti, Rucher ha suonato: per il Maestro Stelvio Cipriani nel film “The bounty killer” (1966) ; per il Maestro Amedeo Tommasi nel film “I lunghi giorni dell’odio” (1968) (v. dal minuto 1:23)]; per il Maestro Franco Bixio e per il Maestro Vince Tempera, entrambi nel film “Ed ora… raccomanda l’anima a Dio! (1968). Il Maestro Vince Tempera rammentava l’apporto solistico di Pino Rucher in “Sella d’argento” e ciò assume un significativo valore, perché con questo film si chiude il genere ‘spaghetti western’ (ovvero ‘il western all’italiana’), quasi che la chitarra elettrica di Rucher sia posta a sigillo finale del filone western. Ecco cosa ha detto Tempera su Rucher:
Sto riascoltando la mia prima colonna sonora e guardando una foto di Pino Rucher, all’improvviso mi è ritornato alla mente quel periodo in cui, io giovane maestrino di belle speranze, iniziavo il mio percorso musicale.
“Ed ora raccomanda l’anima a Dio” era il mio primo film come compositore e
arrangiatore e mi ricordo che quella mattina entrare in quella enorme sala
d’incisione che era la Fonoroma, tempio sacro della Roma del cinema, mi tremavano le gambe e non ero più sicuro delle note che avevo scritto.
Allora non si usavano i computer per verificare che gli arrangiamenti
fossero scritti giusti e bene.
Entrando nello studio avevi addosso gli occhi di tutti i musicisti pronti a
prenderti in fallo.
La parte principale del mio arrangiamento era affidata alla chitarra
elettrica stile Shadows e a suonarla c’era Lui, Pino Rucher. Prese la parte musicale e mi fece un gran sorriso d’incoraggiamento e immediatamente capì e suonò nello stile che volevo; aggiunse qualche piccolo ritocco “furbo” nelle note scritte e la magia… si compì.
Aveva capito la mia insicurezza e timidezza e con quel sorriso mi aveva
spinto definitivamente nel mondo della Grande Musica.
Potevo dire che avevo scritto per il musicista di Morricone, di Trovajoli e altri grandi di quel momento.
Poi l’ho incontrato altre volte e Lui è sempre stato prodigo di consigli e di belle suonate.
Probabilmente Il Destino ha voluto che il mio debutto fosse battezzato da
Pino Rucher che con quel sorriso mi aveva spalancato le porte di una lunga
carriera.
Grazie per aver fatto rinascere in me il ricordo di quel momento.