Dopo che il 23 agosto Jacob Blake, un ventinovenne afroamericano, è stato colpito alle spalle da sette colpi di pistola durante il suo arresto a Kenosha (Wisconsin), sulle rive del lago Michigan, nella città sono scoppiate delle rivolte. A queste si è opposta una milizia locale di vigilantes che pattuglia pompe di benzina e stazioni di servizio. Nella scorsa notte, nonostante il coprifuoco imposto dalle autorità, le proteste sono continuate, e sono morte due persone. A sparargli potrebbe essere stato un ragazzo di 17 anni, armato con un fucile Ar-15 (un’arma da guerra, ndr), poi arrestato dalla polizia americana. Abbiamo parlato con Massimo Gaggi, corrispondente dagli Usa per il Corriere della Sera, per capire l’entità delle rivolte in corso e la loro influenza sulla campagna elettorale americana, che sta per entrare nel vivo. Jacob Blake resterà paralizzato.
I fatti di Kenosha possono portare a una recrudescenza delle proteste violente in America?
Evidentemente sì, è una situazione delicata in un paese in un cui c’è libertà di armarsi e dove si sono formate milizie private. Ci sono appelli delle autorità a rispettare il coprifuoco, ma la notte scorsa non è successo.
Come vengono percepiti questi fatti dai cittadini americani? Influenzano l’elettorato?
Possono essere favorevoli a Trump. L’esasperazione per proteste che da pacifiche sono diventate sempre più violente, fino ai fatti di Portland e ai saccheggi di Chicago, aumentano il desiderio di “Law and Order”, come riconoscono anche molti analisti democratici. Questo accade in una stagione dove, dal Covid all’economia, le cose si mettevano male per Trump. Oggi le proteste lo avvantaggiano, anche se venisse accertato che i gruppi di cittadini e vigilantes che hanno sparato la notte scorsa fanno parte di falangi razziste, fatto che comunque scomparirebbe nel quadro generale.
Partiamo da ciò che ha scatenato le proteste a Kenosha, i sette spari al 29enne afroamericano. Sono episodi normali per la polizia americana?
Incidenti come questo succedono spesso durante gli arresti. Il poliziotto tende a non rischiare nulla, chi dà segni di ribellione viene colpito. La polizia americana è libera di usare le armi, molto più che nei sistemi europei.
La guerriglia urbana di Kenosha come va letta?
Quello che è successo per strada invece è nuovo, anche se ce lo si poteva aspettare. Negli Usa è concesso portare armi anche durante manifestazioni pubbliche, col rischio di creare situazioni esplosive. Alla convention repubblicana di Cleveland, quattro anni fa, c’erano delle milizie in mimetica e fucile automatico che dicevano di essere lì a proteggere l’evento dai manifestanti, che non si sono mai visti, sostenendo la loro libertà di difendersi e difendere l’America con le armi in mano. Ma lì fu tutto tranquillo, oggi invece non lo è.
A cosa può portare?
Nel breve al rischio di insurrezioni. Dal punto di vista elettorale a erodere il vantaggio che poteva avere Biden a inizio estate. Anche il favore con cui era visto Black lives matter, rispetto all’indignazione successiva all’omicidio di George Floyd, è scemato.
Passiamo alla campagna elettorale. Le dichiarazioni di Trump contro il voto postale non rischiano di rivoltarglisi contro?
Non credo siano un boomerang. In un’ottica istituzionale sono sbagliate, ma dal punto di vista di Trump, che vuole solo rafforzare il suo rapporto con una base che lo segue ciecamente e crede che il voto postale sia una truffa, sono utili.
Le convention si sono tenute in streaming. Secondo alcuni analisti questo poteva renderle noiose e meno importanti per le elezioni di novembre. Lei è d’accordo?
Sicuramente hanno un influsso minore rispetto al passato. Ma secondo me non erano troppo importanti neanche in passato, visto che la grande celebrazione democratica che ha incoronato la Clinton nel 2016 è servita a poco, rispetto alla capacità di Trump di recuperare.
Come sono andate le convention?
La convention democratica è risultata fredda, quella repubblicana ha un senso politico maggiore perché Trump la sta usando per cercare di presentare un volto diverso, più empatico, attento alla sanità, aperto alla riforma della giustizia penale e alla comunità nera. Il tutto presentato con manovre spregiudicate, ma che possono avere un loro impatto.
Fa riferimento alla grazia al condannato a morte?
Non solo. Trump è sempre stato ostile all’immigrazione, clandestina e non, ricordiamoci che disse a quattro rappresentanti del Congresso “tornatevene nel vostro paese” solo perché avevano origini familiari in altri continenti. Ieri invece ha fatto la sceneggiata del giuramento di cinque cittadini stranieri, che sono stati naturalizzati americani in diretta Tv. Fatto tra l’altro illegale.
Come mai?
La legge gli vieterebbe di usare simboli, strutture e oggetti di governo durante la campagna elettorale. Invece lui firma la grazia e naturalizza dei cittadini a favore di telecamere. Se guardiamo al rispetto delle istituzioni, siamo di fronte a uno spettacolo agghiacciante. Dal punto di vista politico però Trump sta cercando di cambiare la narrativa della sua presidenza. Nel 2020 si è mostrato poco empatico col coronavirus, cosa che gli ha creato problemi col voto degli anziani, un suo bacino elettorale che ora prova a recuperare. E non escludo che Trump abbia ancora in serbo qualche colpo a sorpresa per questa convention. Fa parte del suo personaggio, molto televisivo, l’inventarsi un fuori programma.
Resta un voto che si decide nell’ultimo mese?
Direi di sì, e sarà difficile avere un risultato la sera stessa del voto, perché la possibilità che i conteggi in alcuni Stati siano lunghi è concreta, col ricorso al voto postale.
(Lucio Valentini)